
Certamente Joe Biden e Benyamin Netanyahu non si sono simpatici, ed ecco che anche per dare una ‘buona’ ma discutibile notizia, la telefonata tocca alla vice Kamala Harris. Perché Israele, Netanyahu o meno, per gli Stati Uniti è sopra ogni contenzioso internazionale e ogni discussione. E anche l’Amministrazione Biden si è subito schierata dalla parte di Israele contro la procuratrice internazionale Fatou Bensouda. Troppe convenienze condivise ed accordi politico strategici in ballo, ed ecco il rinnovato stop Usa al tribunale internazionale stesso, caso mai che un domani qualcuno si mettesse in testa persino di poter giudicare gli stessi Stati Uniti.
Tra Usa e Israele non sarà l’amore travolgente dei 4 anni del regno di Trump, ma il matrimonio di interessi non si tocca. Ora scopriamo Kamala Harris, sostenitrice entusiasta di Israele. Ma anche il segretario di Stato Tony Blinken ha fatto la sua parte, spiega Nena News. «Deplorando l’indagine della Cpi, Blinken ha sostenuto che la Corte dell’Aia non ha giurisdizione in materia perché non ne fa parte Israele, e inoltre i palestinesi non hanno uno Stato sovrano e non possono essere un membro della Cpi». Israele non aderirà mai alla Cpi e non concederà mai uno Stato sovrano ai palestinesi, ed ecco che la dichiarazione del neo segretario di Stato Usa, diventa una poco elegante presa in giro.
La procuratrice Bensouda indagherà su possibili crimini di guerra commessi da Israele, ma anche dal movimento islamico palestinese Hamas, dal 13 giugno 2014 in poi. Nessun impossibile processo alla storia. Sotto indagine l’operazione israeliana ‘Margine Protettivo’ contro Gaza, costata la vita a oltre duemila palestinesi (in buona parte civili secondo i dati delle organizzazioni internazionali) e la distruzione totale o parziale di decine di migliaia di abitazioni, come ricorda Michele Giorgio. «Ovviamente Israele non coopererà in alcun modo con l’indagine e, indiscrezioni dei media locali, avrebbe rivolto pesanti ammonimenti all’Autorità nazionale palestinese minacciando sanzioni, anche contro il suo presidente Abu Mazen, se collaborerà con Bensouda e la Corte internazionale».
Prima le testimonianze delle vittime dei crimini, poi le regole di ingaggio delle parti militari, quelle israeliane molto improbabili, e organizzazioni per i diritti umani, esperti e forse anche a ex militari israeliani. Le indagini potrebbero richiedere anni prima che siano emessi eventuali mandati di arresto. Il ministro della difesa israeliano Benny Gantz ha dichiarato che potrebbero essere centinaia gli israeliani che potrebbero finire sotto inchiesta ma, ha aggiunto, «ci prenderemo cura di tutti». «Anche con comunicazioni tempestive sui rischi relativi ai loro viaggi all’estero». Perché il vero rischio per Israele è questo: ombrello Usa fin che vuoi, ma eventuali mandati di cattura eseguibili in gran parte del resto del mondo.
Lo stesso Gantz è indicato come uno degli indagati poiché era capo di stato maggiore durante la durissima campagna militare su Gaza. E due anni fa il ministro israeliano mise in rete un filmato che, mostrando le macerie di Gaza, accreditava il suo pugno di ferro contro i palestinesi.