Golden Division, droni e 10mila uomini: così la Nato protegge il Papa in Iraq
Viaggio papale temerario a pieno di rischi. Proprio oggi, prime luci dell’alba e poche ore prima della partenza di Papa Francesco da Roma, l’Ambasciata Usa a Bagdad ha emesso un “security alert” per i suoi cittadini presenti in Iraq. «Attacchi possibili con poco o nessun preavviso, interessando aeroporti, località turistiche, snodi di trasporto, mercati, centri commerciali e strutture del governo locale». Secondo l’ambasciata, o meglio, l’intelligence Usa, «esiste una minaccia di attacchi missilistici e di droni con impatto su obiettivi civili e altri in Iraq».
In questo scenario la prima visita del Papa cristiano
«L’Allarme statunitense ai suoi cittadini è significativo del clima di grande rischio geopolitico e militare in cui si svolge la missione di Francesco nella terra di Abramo», scrive Maria Antonietta Calabrò su HP. «Eppure il viaggio in Iraq avviene sotto la copertura di sicurezza di un ombrello della Nato, e questo fatto da solo fa comprendere, quanto sia cambiato nell’area dall’anno 2000 quando gli Usa fecero di tutto per impedire il pellegrinaggio di Giovanni Paolo II».
Pentimenti Usa e la Nato
«Al contrario, possiamo affermare, che c’è stato anche un “disco verde” al viaggio di Francesco da parte degli Stati Uniti». Gli Stati Uniti recentissimi, ovviamente, quelli del dopo presidenziali e del dopo Donald Trump, tanto per essere chiari. «Perché questo non ci sarebbe stato se non avesse vinto le elezioni presidenziali Joe Biden. Non perché Biden è cattolico, naturalmente, ma per la diversa ‘filosofia’ diplomatica e di sicurezza nell’area da parte della nuova amministrazione americana, sostenuta dai nuovi vertici del Dipartimento di Stato, dalla Sicurezza Nazionale e dalla Cia».
Prima del virus e prima di Soleimani
Prima dello scoppio della pandemia, il viaggio di Papa Francesco in Iraq (programmato per la primavera 2020) fu “cancellato” dallo strike degli Usa a Bagdad in cui fu ucciso il generale iraniano Soleimani ordinato dall’allora presidente Donald Trump.
10 mila uomini per la sicurezza di Francesco
«Per rendere possibile e sicura la visita di Francesco (e la svolta di ampia portata che cambierà anche gli equilibri della Regione, sostiene Maria Antoniattà Calabrò), sono stati mobilitati già dal febbraio scorso migliaia (si parla di 10.000 uomini), membri delle forze speciali e personale dell’intelligence sia irachena che di Paesi occidentali(anche della nostra Aise), con l’ ausilio di aerei e droni Nato per la sorveglianza dal cielo».
Droni Nato, spie di ½ mondo e ‘Golden Division’
Ad assicurare protezione fisica del pontefice, in stretto raccordo con Gendarmeria pontificia e Guardie svizzere, sarà invece la “Golden Division”, un’unità speciale dell’antiterrorismo iracheno addestrata da personale dell’Alleanza Atlantica, compresi istruttori italiani dagli incursori della Marina e dal battaglione Tuscania.
I molti pericoli da prevenire
Lo Stato islamico (ispirato dall’Islam sunnita) è stato sconfitto militarmente , ma i gruppi terroristici hanno capacità e sostegno per mettere a segno azioni magari non contro la delegazione papale, ma magari contro civili inermi, nel corso della visita.
La nunziatura, dove il Papa alloggerà, sorge appena fuori dal confine orientale della zona fortificata della capitale, la Green Zone.
Tutti gli spostamenti interni di Bergoglio saranno assicurati dalla compagnia di bandiera irachena ‘Iraqi Airways’ e da elicotteri delle forze armate.
Il Papa utilizzerà sempre un’auto chiusa e blindata.
La cosiddetta “papamobile”, aperta ai lati, dovrebbe essere usata dal pontefice solo allo stadio di Erbil.
Le strade principali saranno bloccate e chiuse al traffico: potranno circolare solo le persone autorizzate.
In Kurdistan, territorio semi-autonomo, la sicurezza per il Santo Padre sarà gestita dai peshmerga, tramite la sua principale unità di intelligence (Asayish) e il reparto di polizia militare (Zevarani), addestrato in passato dai nostri Carabinieri.
L’Italia in Iraq, Nassirya, Sgrena-Calipari
L’Italia è presente in Iraq con continuità dalla seconda guerra del Golfo, quella costruita sulla menzogna Usa delle armi di distruzione di massa di Saddam. E ha pagato un crudele contributo di sangue: la strage del 12 novembre 2003 che provocò 28 morti, compresi i nostri 19 italiani uccisi a Nassirya e dell’agente dell’allora Sismi Nicola Calipari, ucciso da fuoco più o meno ‘amico’ alle porte di Baghdad.
Proprio ieri ricorreva l’anniversario della uccisione dell’agente Sismi Nicola Calipari, 4 marzo 2005, nel corso della liberazione della giornalista Giuliana Sgrena.