Agguato in Congo, ora indaga anche l’Onu. Luca Attanasio e il poeta Ferlinghetti
Agguato in Congo, ora indaga anche l’Onu. Luca Attanasio e il poeta Ferlinghetti

Ieri mattina i funerali di stato per l’ambasciatore Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci. Adesso, capire l’accaduto perché se ci sono stati errori non si ripetano e poi, capire il Congo e le inconsapevoli colpe di ognuno di noi, dice Alberto Negri. «Il mondo è un posto bellissimo, cantava Ferlinghetti, il poeta della beat generation, in cui solo gli ‘altri’ muoiono: l’ambasciatore non voltava la testa dall’altra parte per non vederlo. Non facciamone un santino ma un esempio».

Aggressione per rapina

Le Nazioni unite, numericamente molto presenti in Congo ( 16, 17 mila), ma sulla cui efficacia forse la comunità internazionale dovrebbe discutere, faranno una loro inchiesta per provare a spiegare l’incredibile assenza di una scorta adeguata ad un convoglio internazionale in missione ufficiale, organizzato e preannunciato da tempo. I nostri due e le altre vittime di quello sciagurato convoglio, uccisi per irresponsabile trascuratezza.
Rocco Leone, l’italiano in servizio Onu sopravvissuto all’attacco, ricoverato a Goma, ha raccontato di esservi salvato per il suo passo claudicante che lo aveva lasciato indietro rispetto al resto del gruppo. Banditi di strada armati, «rapina di telefonini e soldi e tutto quello che potevano rubare, poi hanno obbligato tutti a scendere dai due veicoli e a seguirli verso l’interno». Progetto di sequestro per riscatto, ma poi arrivano i rangers guardaparco, sceriffi improvvisati nel far west congolese dove prima si spara e poi si intima la resa.

Alberto Negri, Luca Attanasio e Ferlinghetti

«Ogni volta si vorrebbe immaginare la morte, almeno accidentale, dell’ipocrisia, che invece sopravvive a ogni temperie», scrive Alberto Negri sul Manifesto. «L’ambasciatore Luca Attanasio è stato ucciso in Congo proprio dove voleva portare una speranza di vita. Non una morte accidentale ma la conclusione tragica di un percorso professionale e personale che merita grande rispetto».
«Non è stata certamente la sua, quella del carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci e dell’autista del Pam Mustapha Milambo, una morte per caso. Attanasio non ha commesso un’imprudenza e se nulla fosse accaduto – come niente era avvenuto la settimana prima sulla stessa strada a un convoglio del Pam con alcuni giornalisti – probabilmente nessuno o quasi avrebbe letto il suo rapporto e saputo dei progetti del World Food Program nel Nord del Kivu».

Quando il pericolo di morte ti cammina a fianco

«Per chi non ha mai messo il piede sul terreno è difficile comprendere che ci sono luoghi e situazioni in cui il pericolo e la morte ti camminano sempre a fianco. In Congo, come in Somalia, Angola, Iraq, Siria, Kurdistan, Afghanistan, nei Balcani. L’ipocrisia è come al solito che dimenticati i ‘nostri’ morti si passa ad altro».

In fondo come nel poema di Ferlinghetti: «Il mondo è un posto bellissimo/ in cui nascere/ se non t’importa che qualcuno muoia sempre o forse solo muoia di fame/ ogni tanto/cosa che poi non è così terribile se a morire non sei tu

Congo, cobalto e coltan

«L’Africa e il Congo ce li dimenticheremo presto e insieme a loro anche il coltan, estratto con paghe da fame da popolazioni schiavizzate, che fa funzionare telefonini e computer, venduto per non sporcare le mani delle multinazionali nel confinante Ruanda (dove il coltan non c’è), alleato degli Usa e beniamino del Fondo monetario».

Le troppe ‘teste voltate’ dall’altra parte

Il mondo è un posto bellissimo, cantava il poeta della beat generation, in cui gli «altri» muoiono: l’ambasciatore non voltava la testa dall’altra parte per non vederlo. Non facciamone un santino ma un esempio.

Tags: Congo memoria
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