I dannati nei boschi della Bosnia: gelo, fame e le botte dei lupi umani
I dannati nei boschi della Bosnia: gelo, fame e le botte dei lupi umani

Nello Scavo, inviato a Nepeke in Bosnia scopre famiglie respinte con violenza al confine della Croazia, nascoste nei boschi per non venire separate. Vergogna istituzioni e crudeltà umane denuncia Avvenire: «In alcuni villaggi si fanno pagare per non fare la spia»; «3 euro per una doccia tiepida ai bimbi profughi». «Con temperature sottozero le guardie tolgono i pannolini ai nostri figli per perquisirli»

Nella Scavo su Avvenire

«Il villaggio di cellophane e neve non si trova su nessuna mappa. Bisogna arrivarci arrampicandosi su un pendio di ghiaccio, aggrappandosi ai rovi seccati dal freddo, seguendo una muta di amichevoli randagi che conoscono la strada. Al riparo da qualsiasi sguardo, è qui che da mesi si nascondono i più piccoli tra gli invisibili della rotta balcanica. Protetti dalla fitta foresta, per tetto hanno solo qualche telo di plastica nera annodato ai tronchi di faggi e pini neri».

Il lupo umano veramente cattivo

«Nel solo cantone di Una–Sana ci sono 500 minori non accompagnati, insieme a circa 450 bambini con le loro famiglie. In tutto un migliaio di minorenni, più dei mille maschi adulti ammassati tre le tende del campo ufficiale di Lipa, in Bosnia».

L’imam migrante bengalese

«Qui non diamo fastidio e non ci danno fastidio» spiega l’imam migrante bengalese. Nel villaggio abusivo dei respinti, sotto al telone verde c’è pure la moschea. Qualche anno fa nessuno di loro sarebbe venuto a nascondersi nel bosco dei reietti. La gente di Nepeke, Bosnia musulmana, non aveva mai fatto mancare una scodella di zuppa né il latte caldo per i bambini. Ma ora i dannati della rotta balcanica non sono più i benvenuti neanche alla preghiera del venerdì, quando almeno si sentivano parte di una comunità.

Nella nuova moschea, una delle decine edificate di recente con fondi di sauditi e dal Kuwait, non tutti sono contenti di vedere arrivare gli stranieri che nessuno vuole.

Migranti scacciati e usati come arma

«Che vadano nella Repubblica serba, dove hanno 149 caserme abbandonate, ne facciano centri di accoglienza», dice il sindaco di Bihac che dal capoluogo sul confine riapre le ferite sempre aperte della guerra anni ’90. Bosniacchi musulmani messi assieme con i croati cattolici dell’Erzegovina contro i serbi ortodossi, e la vecchia guerra ritorna sulla pelle dei disperati in fuga da guerre ancora più cruente.

Un tè caldo per il cronista

Le guerre jugoslave sui profughi

«Ma hanno appreso che per quieto vivere è meglio trovare un modo per farsi accettare. Meglio se pagando. A Bosanska Bojna le poche decine di residenti non fanno la spia alle guardie di confine». Un paio di settimane fa quattro europarlamentari italiani erano stati bloccati dall’altra parte del confine, in Croazia. «Se i croati respingono le accuse per i respingimenti violenti (ormai stra documentati ndr), i bosniaci non commentano altri episodi inquietanti». Nei giorni scorsi, un video girato da alcuni migranti ricacciati indietro, mostrano degli incendi appiccati per costringere i respinti a cercare rifugio altrove.

Il medico afghano e le miserie dei miseri

«Per non venire scoperti un modo c’è. Il medico afghano (lfoto di copertina) che tiene sulle spalle il bambino di cinque anni sta per attraversare i campi innevati per raggiungere l’unica casa con le luci accese e il camino che fuma». Ci abita gente del posto. Hanno messo a disposizione il loro secondo bagno. «Ci chiedono tre euro per 10 minuti di doccia tiepida», si lamenta il dottore scappato dal distretto di Khan Abad, nella provincia settentrionale afghana di Kunduz. Ci porta i bambini, a turno. «I croati ci hanno respinto tre volte questa settimana, e i bosniaci se ne approfittano».

Caritas quasi impotente i carità dispersa

«Tra le campagne sottozero gli operatori di Save The Children vanno alla ricerca dei ‘bambini sperduti’». «Ci sono bambini che partono per la Croazia ma tornano negli accampamenti fradici di pupù. Da ambo i lati la polizia strappa e butta via i pannolini per essere certi che i genitori non nascondano cellulari, denaro o il numero di qualche passeur proprio nei Pampers donati dalle organizzazioni umanitarie».

«Sono sicura che nessuno di quei poliziotti ha figli, scandisce la mamma riponendo ancora qualche speranza nel prossimo tentativo. Altrimenti non spoglierebbero nel gelo i nostri bambini».

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AVEVAMO DETTO

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