
«Una crisi favorita da una produzione interna insufficiente a soddisfare le necessità della popolazione, con conseguente bisogno di importare la maggior parte dei prodotti, dai macchinari ai pezzi di ricambio fino agli alimenti e alle medicine».
Sanzioni, introdotte per la prima volta nel 2005 e fortemente inasprite a partire dal 2015 fino a «un embargo economico totale nell’agosto del 2019», la memoria dei fatti. Soprattutto Usa-Trump, ma anche Unione europea. Evidente, sancisce l’Onu, come le sanzioni abbiano «aggravato i problemi preesistenti».
Secondo le conclusioni preliminari del rapporto al Consiglio Onu per i diritti umani, «la riduzione addirittura del 99% delle entrate statali; l’erosione delle condizioni di lavoro; la caduta dei salari, passati da 150-500 dollari nel 2015 a 1-10 dollari nel 2020; il crollo dei servizi pubblici, compresa la fornitura di acqua ed elettricità; la scarsità di medicine; la crescita dell’insicurezza alimentare», denuncia Claudia Fanti sul Manifesto.
Ed ecco l’esortazione di Alena Douhan in nome Onu rivolta a Usa, Ue e altri paesi a ritirare le «misure coercitive unilaterali contro il Venezuela», le sanzioni commerciali, e l’appello al Regno Unito, al Portogallo e ancora agli Usa «a scongelare i fondi della Banca Centrale venezuelana», a liberare i soldi altrui.
Scopriamo così che 6 miliardi di dollari, sono stati affidati –non si sa bene dietro titolo e quali garanzie- sotto il controllo dell’autonominato presidente Juan Guaidó per l’acquisto di medicine, vaccini, alimenti, pezzi di ricambio e altri beni necessari a «garantire le necessità umanitarie del popolo del Venezuela e il recupero dei servizi pubblici». Solti sottratti allo Stato –mal gestito che sia- e affidati alla parte di opposizione a sostegno statunitense.
Guaidò a credibilità azzerata, qualche ripensamento sul fronte internazionale anti Maduro. Un primo segnale di un possibile ammorbidimento delle sanzioni da parte degli Usa è venuto il 2 febbraio dalla decisione del Dipartimento del Tesoro americano di autorizzare le operazioni ordinarie nei porti e negli aeroporti venezuelani, vietate da un ordine esecutivo emesso nel 2019 dall’amministrazione Trump, benché resti il divieto di transazioni o attività «per produrre benzina direttamente o indirettamente».