Ragionare, non applaudire o disapprovare

“Se voi volete essere una generazione di giovani infinitamente più matura, dovete abituarvi anche a questa atrocità del dubbio, anche a questa sottigliezza sgradevole del dubbio, dovete cominciare a dibattere veramente i problemi, ma veramente, non formalmente, si applaudono sempre dei luoghi comuni: bisogna ragionare, non applaudire o disapprovare!”.
Pier Paolo Pasolini, incontro con i giovani della Fgci, nel 1975.

Scrivo in ritardo il mio Polemos partendo da questa frase, dimenticata, lasciata essiccare nel vento caldo del conformismo dei decenni, soprattutto a sinistra. In questi giorni l’atrocità del dubbio è forte, fortissima. Tra figuranti eleganti mediatici, tattici che manco Luna Rossa e paraculetti del salottino siamo precipitati nel punto più basso della nostra storia politica. Costretti a parteggiare per questo o quello, senza prospettive.

Invece di applaudire o disapprovare, farsi il fegato amaro o ingoiare rospi culturali indigeribili, ragioniamo. Dibattiamo veramente i problemi, veramente e non formalmente, e torniamo a essere costruttori di futuro. Approfittiamo di questo crollo totale, di questa democrazia senza più opposizione, dello spazio neutro che si sta profilando, per tornare a lottare, a battersi per riformulare le idee che potranno essere fertili per il futuro. Ci servirà pensare al dopo, al lavoro, alla giustizia sociale, al bene comune, ai nostri figli…

Per tornare alla politica, sui territori e lontano dai riflettori dell’arena mediatica che tutto appiattisce e tutto rende ridicolo. E al servizio di qualcuno. Fuori dai dogmi di partiti che usano persone magnifiche, dolci e laboriose, per eleggere pessimi rappresentanti, per portare avanti politiche che non ci somigliano, che avvantaggiano i nostri avversari, i rapaci del profitto e delle privatizzazioni, devastandoci.

In questa congiuntura storica, che rimodella il capitalismo italiano, occorre fermarsi e ragionare, pensare al significato della rappresentanza sociale, all’incapacità di ipotizzare un diverso modello di sviluppo capace di attivare sia conflitto che compromesso (senza un punto di conflitto, il compromesso è resa passiva).

Non facciamoci chiudere nei recinti. Torniamo a esercitare la politica, dalle piccole cose a quelle grandi. Senza parteggiare, con studio, conoscenza e idee nuove. Quelle vecchie sono state assorbite e sono stropicciate: non funzionano più.

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