
Regolarizzazione dei rapporti diplomatici tra Israele e Kosovo, ultimo mini dispetto mediorientale della amministrazione Trump nella scelta della capitale dove insediare la rappresentanza diplomatica. Il Kosovo, Stato indipendente riconosciuto da metà dei Paesi Onu, aprirà la sua ambasciata a Gerusalemme come capitale d’Israele per altri quattro o cinque stati, Stati Uniti i mandanti. Per il resto del mondo, la capitale internazionale di Israele resta Tel Aviv. E ora anche il nuovo Governo Usa deve applaudire, rileva Matteo Meloni su EastWest. Mentre Unione europea e Turchia, tutrice economica musulmana per lo scombinato mini stato balcanico albanese, non gradiscono a contestano.
Lo status di Gerusalemme è specificato dal diritto internazionale, dovendo ospitare le capitali sia di Israele che di Palestina quando e se le due nazioni troveranno una soluzione al conflitto. Ma Pristina, capitale di uno Stato contestato, decide di seguire gli Stati Uniti e una manciata di altri Stati, le dita di una mano, a fare di Gerusalemme la capitale d’Israele. «Questa decisione allontana le posizioni di Kosovo e dell’Unione europea su Gerusalemme», afferma il Portavoce dell’European External Action Service Peter Stano. Tutte le Ambasciate europee in Israele e la delegazione Ue sono a Tel Aviv così come previsto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e dalle decisioni prese dal Consiglio Europeo.
«La questione rischia di impattare sulle relazioni tra Bruxelles e Pristina ma anche tra l’Ue e gli Stati Uniti», annota EastWest. La posizione europea verso Gerusalemme è chiara, e la volontà del Kosovo di far parte dell’Ue, già molto contrastata con alcuni Stati Ue che neppure lo riconoscono, «troverebbe ulteriori ostacoli se non si uniformasse all’azione dei Paesi membri, che hanno le Ambasciate a Tel Aviv». Pristina avvertita, ma evidentemente l’amministrazione Trump aveva usato argomenti più sostanziosi e qualche riconoscimento in più. «Stesso discorso per il nuovo corso post-Trump tra Ue e Usa: il nodo Gerusalemme giocherà un ruolo nelle scelte delle due superpotenze e nel modo in cui valuteranno di intessere i rapporti futuri».
Ned Price, Portavoce del nuovo Dipartimento di Stato a guida Antony Blinken, applaude la regolarizzazione dei rapporti tra Israele e Kosovo, mentre Washington torna a dialogare con i palestinesi: «Biden ha annunciato il ripristino dei contatti con la leadership di Ramallah e soprattutto dei fondi per l’agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi, l’Unrwa. Richard Mills, Ambasciatore facente funzioni degli Usa all’Onu, ha confermato il riavvicinamento tra i due Governi e specificato che la Casa Bianca punta ad una ‘soluzione a due Stati per risolvere il conflitto Israelo-Palestinese’». «Kosovo Israele, Paesi amici degli Usa», forse più amici militari che politici, oggi. Israele a guida Netanyahu sceriffo mediorientale noto ma meno gradito, forse. Peggio con l’impresentabile Regno saudita.
Qualche problema in più per definire il futuro ruolo della superbase militare logistica Usa di Camp Bondsteel in Kosovo. Serve ancora, non serve più? E se smobilita, come e chi risarcire?