
23 anni dal disastro della funivia del Cermis. Una strage quasi dimenticata, senza un processo, senza colpevoli con venti vittime rimaste senza giustizia.
La rinnovata denuncia del Sindaco. «Quello che causò la strage, non fu un semplice errore umano. Le circostanze che determinarono il disastro non vennero mai chiarite perché la giustizia italiana non poté celebrare il processo per determinare le responsabilità della morte dei venti civili».
«Quello che è certo è che i protocolli di volo vennero violati perché i velivoli sfrecciavano a velocità elevatissima a quote inferiori rispetto a quelle stabilite».
Il 3 febbraio 1998 un aereo militare statunitense, decolla dalla base di Aviano, per un addestramento a bassa quota. Erano gli anni del conflitto nella ex-Jugoslavia, e la Nato si preparava all’intervento in Serbia. Per le esercitazioni aeree, la quota minima di volo era stata fissata a i 610 metri dal suolo a velocità massima di 830 chilometri ora.
Quel pomeriggio il capitano Ashby, al suo ultimo volo in Italia, prima di tornare negli Usa, volava a una quota inferiore ai 150 metri. Nel tentativo di passare sotto il cavo della funivia, lo tranciò. Per i 19 turisti e il manovratore dentro la cabina sospesa nel vuoto non ci fu scampo. La cabina si sfracella al suolo. Nessun superstite. L’aereo assassino se ne torna tranquillo alla base.
La più giovane delle vittime ha solo 14 anni ed è di nazionalità polacca. I passeggeri per lo più erano turisti stranieri provenienti da Germania, Olanda, Belgio, Austria e Polonia.
Toccherà al governo italiano pagare il risarcimento alle rispettive famiglie. Solo successivamente il congresso Usa accetterà di risarcire all’Italia il 75% delle somme erogate.
Il processo, celebrato negli Usa, assolve i quattro militari coinvolti nell’incidente dall’accusa di strage. Le circostanze del volo non vennero mai chiarite, né la ragione del perché i piloti non stessero rispettando i protocolli. Si ipotizzò una gara, un gesto di goliardia finito tragicamente. La giustizia statunitense non chiarì, gli imputati vennero ritenuti innocenti per la morte delle 20 persone e assolti. Solo Ashby dovette scontare una pena per aver distrutto la videoregistrazione in loro possesso.
Quattro mesi di carcere, meno di una settimana per ognuna delle 20 vittime.
La svolta che chiarì i misteri della vicenda solo nel luglio 2011, quando il quotidiano «La Stampa» pubblicò il primo rapporto sull’incidente del generale americano Pace e dai colonnelli italiani Durigon e Missarino. «Causa di questa tragedia è che l’equipaggio dei marines volava molto più basso di quanto autorizzato. Raccomando che vengano presi i provvedimenti disciplinari e amministrativi appropriati nei confronti dell’equipaggio, e dei comandanti, che non hanno identificato e diffuso le informazioni relative ai voli di addestramento». Risultava quindi chiaro già nella primavera del 1998 che non solo il comportamento dell’equipaggio (al completo) era suscettibile di pesanti censure, ma anche i superiori comandi non avevano vigilato sulla corretta esecuzione degli ordini e delle istruzioni sulle attività addestrative.
Finale con notizie nostre: nessun ufficiale complice nella catena di comando punito, tutti promossi.
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