
Prima di conferire ufficialmente ad Adolf Hitler l’incarico di formare il governo della Germania, il presidente della repubblica, il generale Paul von Hindenburg, lo aveva incontrato per la prima volta nell’ottobre 1931. Hindenburg, in quel momento, intendeva solo conoscere i due più importanti leader di un nuovo partito emergente (cioè Hitler e Goering) e si era riproposto di porre loro una serie di domande per conoscere meglio l’iniziativa in corso di formare un’alleanza tra i diversi partiti di destra, nazionalisti e conservatori. In realtà di domande non riuscì a porne affatto: Hitler condusse davanti all’esterrefatto presidente un vibrante e acceso monologo di un’ora che nessuno dei presenti ebbe tuttavia il coraggio di interrompere. Il risultato di quel primo incontro fu che Hindenburg, che aveva notato tra l’altro anche l’abbigliamento dell’esaltato oratore che sembrava piuttosto raffazzonato e dimesso, confidandosi con collaboratore, osservò che ‘al massimo’ Herr Hitler sarebbe potuto diventare ministro delle poste.
Fu in questo periodo, che si sarebbe concluso con la nomina a cancelliere del 1933, che nacque anche, all’interno dell’entourage di Hindenburg composto in prevalenza da Junker prussiani che rimpiangevano l’imperatore Guglielmo, il soprannome particolare di Hitler, proibito poi dal nazismo sotto minaccia di terribili pene, ma che – nonostante i rischi – era comunque mormorato lo stesso. Come è noto Adolf Hitler era nato suddito austriaco a Braunau sull’Inn, in Alta Austria ed aveva ottenuto la cittadinanza tedesca dopo aver combattuto nella Prima guerra mondiale in un reggimento bavarese dove aveva ottenuto appunto il grado di caporale. Con corrosivo sarcasmo, confondendo volutamente la cittadina austriaca di Braunau con l’omonima Braunau che si trova in Cecoslovacchia (in ceco Broumov), si alludeva alla nascita non tedesca di Hitler. L’equivoco era però sgradito allo stesso Hindenburg che nel 1866, da giovane ufficiale prussiano impegnato nella guerra contro l’Austria, aveva davvero occupato la cittadina cecoslovacca a pochi chilometri dal confine all’inizio delle ostilità.
Dopo l’incontro seguirono due tornate elettorali, una per la presidenza della repubblica ed una per il parlamento. Hitler si candidò alla presidenza nell’aprile 1932, ma – avendo ottenuto solo il trentasei per cento – fu sconfitto e Hindenburg mantenne invece la presidenza con oltre il cinquantatre per cento. Le elezioni politiche per il Reichstag si svolsero tre mesi dopo (il 31 luglio) in un clima di crescenti violenze ed intimidazioni: domenica 17 luglio ad Altona, in uno scontro dopo un comizio, persero la vita diciotto persone, ma vi furono anche decine e decine di scontri minori sparsi in tutta la Germania. La macchina elettorale nazista fu organizzata con potente efficacia e il solo Hitler tenne in otto settimane quasi centottanta comizi o altre manifestazioni. Anche in queste elezioni però il partito di Hitler ottenne un buon risultato (circa il 37%), ma non la maggioranza assoluta. Si confermava come il principale partito tedesco, ma da solo non avrebbe potuto governare.
Su consiglio del cancelliere uscente von Papen, per dare maggiore stabilità al governo, Hindenburg si era deciso dunque ad affidare l’incarico ad Hitler, probabilmente senza nutrire sospetti sulla reale natura della politica che intendeva invece perseguire. Eppure, almeno dalla pubblicazione di «Mein Kampf» – che in pochi però si presero la briga di leggere – , era chiaro che perfino la politica di «Eisen und Blut» (Ferro e Sangue) propugnata da Bismarck e che aveva giù fatto impallidire le altre nazioni europee nel secolo precedente, sarebbe diventata poco più di un gioco da bambini. Hindenburg apprezzò la disciplina delle SA che sfilarono davanti a lui il 30 gennaio dopo il giuramento del nuovo cancelliere. La Germania – pensava – aveva bisogno di ordine ed Herr Hitler lo avrebbe fatto. Non capì il percorso verso la distruzione nemmeno dopo l’incendio del Reichstag un mese dopo, ma la presa del potere si era consumata e si era compiuta così una tappa determinante verso l’abisso.