
L’arcinemico Donald Trump che era convinto di esserci, costretto dagli elettori Usa a casa, e lui, Xi torna dopo 4 anni al World Economic Forum di Davos. Ora finalmente si può parlare tra persone serie, il non detto in cinese. Anche nel dover litigare, ma senza l’aggressiva maleducazione per personaggio Usa precedente. E xi Jinping parla subito al nuovo inquilino della Casa Bianca: «Il multilateralismo resta la chiave per la governance globale, a fronte della sfida imposta dalla pandemia, ma la Cina non mette in discussione le sue politiche domestiche e da Paese ‘in via di sviluppo’». La cronaca attenta di Antonio Fatiguso sull’ ANSA non va oltre, ma il sottinteso è esplicito: in casa nostra, e vale per Hong Kong, Xinjiang e Taiwan, è ‘cosa interna’. Affari nostri detto in maniera educata, mentre su tutto il resto si può e si deve trattate.
La storia e la realtà hanno chiarito che l’approccio fuorviante di antagonismo e di confronto, sia esso sotto forma di Guerra Fredda, guerra calda, guerra commerciale o guerra tecnologica, alla fine danneggia gli interessi di tutti i Paesi e mina il benessere di tutti.
«La Cina vuole relazioni che si basino sul rispetto reciproco e non sul gioco a somma ‘zero’, dove chi vince piglia tutto». Per questo Xi ha suggerito di rafforzare il coordinamento delle politiche macroeconomiche, l’abbandono del “pregiudizio ideologico”, il perseguimento di una cooperazione vantaggiosa per tutti, la chiusura del divario tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo e l’unità contro le sfide globali, incluso il Covid-19, la cui soluzione è lontana. «Nessun problema globale può essere risolto da alcun Paese da solo, e ci deve essere un’azione globale, una risposta globale e una cooperazione globale: la via d’uscita è il multilateralismo e la costruzione di una comunità con un futuro condiviso per l’umanità».
Nel 2017, tre giorni prima che Trump iniziasse la sua presidenza, Xi si presentò al Forum come difensore di libero scambio e globalizzazione contro l’isolazionismo dell’ “America First” del tycoon.
In un messaggio all’apparenza diretto agli Usa ma con molte più orecchia ad ascoltarlo, Xi ha denunciato le politiche dell’era Trump. «Costruire piccoli circoli o iniziare una nuova Guerra Fredda, respingere, minacciare o intimidire gli altri, imporre il ‘disaccoppiamento’, interrompere le forniture o varare sanzioni, e creare isolamento o alienazione non farà che spingere il mondo alla divisione e persino al confronto», ha osservato il presidente cinese nel suo discorso di circa 20 minuti, sintetico e chiaro. Al contrario delle scelte dell’amministrazione Trump, Xi ha promesso che «la Cina continuerà sulla strada della riforma e dell’apertura della sua economia in base ai principi di mercato e degli standard internazionali». In cambio chiede «di abbattere gli ostacoli al commercio, agli investimenti e agli scambi tecnologici». Noi ci apriamo se voi vi aprite. Salvo paure di soccombere.
Primo Paese a subire il Covid-19, la Cina è stata anche tra le prime nazioni a mettere a freno il virus e ora la sua economia, dopo il +2,3% del 2020, è attesa in crescita dell’8% nel 2021. Contrastando ancora una volta le critiche sulla gestione iniziale della pandemia da parte di Pechino, Xi ha sottolineato come la Cina abbia assistito 150 Paesi, ribadendo il suo impegno a “una più stretta solidarietà e cooperazione”. Senza entrare nei dettagli, Xi ha respinto la pressioni internazionali sulle politiche per Hong Kong, Xinjiang e Taiwan.
«Le differenze nella storia, nella cultura e nel sistema sociale non dovrebbero essere una scusa per antagonismo o confronto, ma piuttosto un incentivo a cooperare. Dobbiamo rispettare e accogliere le differenze, evitare di immischiarci negli affari interni di altri Paesi e risolvere i disaccordi con le consultazioni e il dialogo».
E l’Europa? Multilateralismo ‘bilaterale’ con Washington, fa capire Xi, mentre non è chiaro quanto l’Europa stia lavorando per guadagnarsi un posto a quel tavolo globale ma sempre più stretto.