Piccole pratiche sovversive del fare cultura
Piccole pratiche sovversive del fare cultura

Se una società basata sul mito della produttività (e sulla realtà del profitto) ha bisogno di uomini a metà – fedeli esecutori, diligenti riproduttori, docili strumenti senza volontà- vuol dire che è fatta male e che bisogna cambiarla. Per cambiarla, occorrono uomini creativi, che sappiano usare la loro immaginazione.
[Gianni Rodari – Grammatica della fantasia]

L’idea è che Rodari andrebbe fatto leggere, sempre, a grandi e piccini. Come un consiglio di libertà, per non lasciar inaridire le radici profonde della nostra cultura. Non è per un caso che molti dei libri che proponiamo ai genitori, per i loro figli, nella libreria di Vald’O, sono di Rodari. Leggeteli insieme, è il suggerimento. Abbiamo bisogno di uomini e donne che sappiano sognare, che conservino l’idea di bellezza, la libertà da ogni forma di schiavitù, che mantengano un cuore bambino; e di figli che non abbiano paura di osare, di essere creativi.

Noi dell’avamposto culturale non vendiamo solo libri un po’ speciali: cerchiamo di costruire insieme a chi lo desidera un campo d’azione culturale, non sottoposto alle leggi spietate del tempo dell’indifferenza e dell’arroganza, delle conoscenze limitate alle richieste del mercato, quindi del conformismo che rende aridi i cuori e pretende fedeltà dagli esecutori. Lo facciamo vangando la terra che abitiamo, perché possa accogliere semi che fioriscano nella diversità. Questo posticino ha anche un aspetto editoriale e si chiama Magnifica Terra.

Magnifica Terra non è solo un periodico cartaceo di bell’aspetto e ottimi contenuti, è uno spazio di libertà e di relazioni, con la sua Redazione Aperta celebra il dono dell’incontro che rende fertile una parola così delicata come cultura. Di che parla? Parla di tante cose. Della vita. Del patrimonio culturale che anima il bene comune di ognuno di noi. Che non è soltanto il patrimonio ereditato dal passato, fatto di chiese e mura antiche: è qualcosa di più, è azione della comunità, rigenerazione della tradizione come lettura che agisce dal presente. Pratiche sul territorio che si muovono nella storia, quindi nel futuro.

Siamo partiti con Rodari e con la grammatica della fantasia, perché la cultura non è mai passiva fruizione: è azione, quindi è politica. E una rivista, in questo caso, è il segno, la voce e l’esperienza di donne e uomini che agiscono nel loro abitare. Fuori dal torpore, senza permesso. C’è un bel testo di tanti anni fa di Mauro Giusti, che sembra raccontare la nostra esperienza, anche se il campo di azione è diverso: “Lo spazio-mappa si configura contemporaneamente come prodotto e processo, in cui il soggetto può osservarsi come essere nel mondo. È in base a queste esperienze che è possibile muoversi alla scoperta di se stessi, degli io possibili ma anche di sviluppare competenze interculturali che ci aiutino a 1) valorizzare le singole soggettività 2) creare legami con il territorio tracciando ponti di memoria tra le dimensioni del passato, presente, futuro 3) incontrare gli altri e attivare forme di dialogo interculturale 4) guardare i territori del quotidiano da più punti di vista attraverso il confronto con gli altri 5) sperimentarsi con i propri tempi e stili cognitivi in molteplici contesti favorendo il processo di integrazione”

Si tratta di fare cultura. Muovendosi nella realtà per non dimenticarla del tutto. Mettendo e mettendosi in discussione; abbattendo sovrastrutture e modi di vedere mediatici e banali. Piccoli passi di un agire comunitario, di pratiche sul territorio. Piccoli passi necessari per invertire la rotta. Per non essere più “uomini a metà, fedeli esecutori, diligenti riproduttori, docili strumenti senza volontà”.

Tags: cultura
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