Sotto la cenere del Covid il Califfato non si è spento
Sotto la cenere del Covid il Califfato non si è spento

L’allarme: dall’Iraq all’Afghanistan e nella regione subsahariana africana, il Daesh sta tornando a livelli operativi elevati, avverte  Francesco Palmas su Avvenire. Fatti, notizie seminascoste dall’invasione Covid, ma il nemico strategico, dietro la copertura pandemica, avanza.

Terremoto geopolitico da Siria e Iraq    

«C’è un ‘terremoto geopolitico’, che parte dalla Siria e dall’Iraq e smuove tutte le faglie dell’internazionale jihadista, pronta a serrare i ranghi introno al vecchio Daesh», avverte Palmas sul giornale dei vescovi. Con dati e fatti. «Baghdad rivive gli incubi peggiori di metà anni 2000, scossa nuovamente da un duplice attacco kamikaze. Il Daesh ha colpito al cuore un Paese vulnerabilissimo, proprio mentre l’America, distratta dall’insediamento di Joe Biden, ha appena sguarnito il fronte». Washington ha fretta di chiudere la stagione della guerra contro-insurrezionale nel Paese, aiutata anche dal suo assassinio politico del generale iraniano Soileimani, e il Daesh, l’ex Isis per facilità di tutti, lo sa e sta preparando la sua resurrezione e la rivincita.

Il vecchio Califfato dei ‘mai morti’

«Sta rinascendo nel vecchio Califfato». E non è allarmismo, ma semplice analisi dei fatti. «Poco tempo fa ha sferrato un assalto coordinato, inedito da più di un anno, contro le Unità di Mobilitazione Popolare, nell’area di Samarra. Era maggio. Da allora si muove indisturbato fra l’Iraq e la Siria. Nel triangolo Aleppo-Hama-Raqqa, teoricamente in mano a Damasco, sta mietendo decine di vittime fra i regolari siriani. Incendia i raccolti delle minoranze e colpisce gli esponenti politici sgraditi. Non fa più solo attacchi mordi e fuggi. Conquista posizioni nemiche. Tenta di tenere il territorio. Ha triplicato le offensive complesse nel giro di un anno approfittando dei lockdown e della pandemia da Covid-19. Gli attentati sono balzati da 143 a 286. Ha presa sulle tribù. Mantiene instabili le regioni sunnite. L’insurrezione cova sotto la cenere, qui e altrove».

Troppo Covid e Trump, tutti distratti

Con quanto ricordato sopra da Avvenire, possiamo iniziare a capire le ragioni della proliferazione di video su attentati in luoghi sperduti da strategici dalle province dell’Africa occidentale, del Sinai, dell’Asia orientale (Filippine), del Caucaso, del Khorasan (Afghanistan e Pakistan, Iran, Kashmir) e di Libia. «Tutti i messaggi spronano al jihad internazionalista e a colpire gli apostati, fra cui figurano anche i taleban afghani». E come nel gioco dell’oca, la nostra disattenzione viene punita col ritorno alla casella di partenza: Afghanistan. «Daesh è il terzo incomodo nelle trattative di pace intra-afghane e nel negoziato con gli Usa».

L’Africa nuovo fronte del terrore Daesh

Soprattutto l’Africa il nuovo fronte del terrore del Daesh. «Varie fonti stimano gli affiliati africani all’organizzazione intorno ai 6mila. L’idra ha cellule copiose in Nigeria e nella regione del Lago Ciad. Controlla basi remote nella regione della triplice frontiera, fra il Mali, il Niger e il Burkina Faso. Si è riorganizzato nel sud della Libia e nel Sinai egiziano. Prospera nel Mozambico settentrionale, regione strategica per le immense riserve di gas naturale. Nonostante gli sforzi della polizia e dell’esercito regolare, i jihadisti sono all’offensiva. Hanno messo in rotta i mercenari russi della Wagner e dato filo da torcere ai contractor sudafricani del Dag».

Al punto tale che si sta muovendo il Portogallo, ex potenza coloniale. Lisbona ha promesso formatori militari, supporto logistico e partenariati fra forze speciali. La situazione è ormai fuori controllo. E rispuntano i mercenari.

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