
«Non sappiamo come assistere i malati, non troviamo le parole per consolare i familiari». Medici e infermieri sconvolti il quel pezzo di Brasile spesso abbandonato ed ora sconvolto. «Durante la prima ondata – ha dichiarato l’arcivescovo di Manaus Leonardo Ulrich Steiner, e ne riferisce Claudia Fanti sul Manifesto-, le persone morivano in Amazonas e Roraima per mancanza di informazioni, posti in ospedale, letti nelle terapie intensive. Oggi, le persone muoiono per mancanza di posti in ospedale, nelle terapie intensive e, per quanto incredibile appaia, per la mancanza di ossigeno».
Tanto più incredibile, denuncia il procuratore di Amazonas Igor da Silva Spindola, visto che la richiesta di ossigeno vecchia di ben quattro giorni, sia stata esaminata soltanto adesso. «Sul banco degli imputati c’è sempre lui, Bolsonaro, accompagnato dal suo fido e incompetente ministro della salute Pazuello». Con il pr il presidente, impegnato come al solito ad autoassolversi: «Stiamo facendo quello che va fatto. Terribile, il problema che c’è a Manaus. Noi abbiamo fatto la nostra parte, con mezzi e risorse». Bugie, da mentitore seriale, alla Trump.
Il ministro a sua volta prontissimo a scaricare la responsabilità sulla fragile infrastruttura ospedaliera della città, sull’umidità e sulla presunta mancanza del cosiddetto trattamento rapido a base di ‘idrossiclorochina e ivermectina’. Le terapie che si sono inventati gli stregoni negazionisti. «Meritandosi così l’immediata replica del responsabile della terapia intensiva del Getúlio Vargas Monteiro Neto, secondo cui tutti i pazienti da lui visitati avevano assunto i farmaci prescritti dal trattamento, ma senza riportare benefici». Sull’emergenza sanitaria a Manaus, interviene persino la Corte Suprema a sollecitare misure immediate.
Mentre Bolsonaro, a cui viene intitolata la nuova versione particolarmente cattiva del coronavirus, rincorre aiuti dell’ultima ora dal Trump uscente. «Ma l’unico paese a rispondere all’appello è stato il Venezuela sotto embargo soprattutto Usa»: come ha reso noto il ministro degli Esteri Jorge Arreaza. «E il governo di Caracas si è subito attivato con il governatore di Amazonas Wilson Lima per mettere immediatamente a disposizione l’ossigeno necessario». «Solo il Venezuela ci è venuto in soccorso», ha affermato il governatore ringraziando Maduro. Un aiuto apprezzato persino dall’Estado de S. Paulo, che, una volta tanto, lo ha definito «presidente» anziché «dittatore».