
Procediamo con ordine. Oggi come oggi Renzi viene dato come sconfitto per non essere riuscito a disarcionare, per il momento, il premier Giuseppe Conte, ma nel contempo, anche i più accaniti filocontiani riconoscono che il premier, se resterà a Palazzo Chigi, non avrà vita facile.
Il punto cruciale però non è che questa difficoltà venga percepita dai seguaci di una o dell’altra parte in causa. Decisivo, per i nostri destini futuri è il “come ci vedono gli altri”, vale a dire, per esempio, lo spread, che fatica a ridiscendere e che in un battibaleno era risalito da quota 100 a quota 120. E sul nostro spread, non dimentichiamolo, si sono giocati i nostri destini negli ultimi dieci anni ed è su di esso che in futuro, appena ci sarà un po’ meno di liquidità in giro, si giocherà la nostra autonomia nello scacchiere continentale.
Forse dalle nostri parti ci siamo disabituati a considerare la cosa. C’è invece chi non ha smesso di pensarci. Si tratta di Friedrich Merz, iperliberista, autorevole candidato alla successione di Angela Merkel alla Cdu, più di ogni altro pronto ad accusare puzza sotto il naso quando si tratta di dare alle cicale italiane un poco o un tanto di cash che lui ritiene uscito indebitamente dai formicai teutonici.
Che dire? Il nostro Matteo se ne sarà accorto? Pensa a gente come Merz come un futuro alleato o come soggetto da lui addomesticabile? Oppure, più semplicemente lo ignora e lo ignorerà fintanto che non ci andremo a sbattere contro? Bene proviamo ad immaginare un Matteo Renzi che dello scenario europeo sia consapevole, ma che lo viva non tanto come rischio quanto come opportunità. Per riprendere quota in Italia dopo essersi fatto alleati fuori confine.
Se infatti ci limitassimo a considerare le mosse di Renzi facendo riferimento solo al contesto locale le liquideremmo in fretta come dissennate. Ma come, era riuscito a ottenere larga parte degli obiettivi che si era prefissato, dalla spesa sanitaria ai “servizi”. Poteva ostentare questo risultato come una vittoria che gli avrebbe dato giustamente lustro sia a livello di opinione pubblica che di sistema politico e lui fa saltare il tavolo? Su cosa poi? Sul Mes che non entusiasma nemmeno chi potrebbe esserne, in linea di principio, un sostenitore? Per di più con il rischio di elezioni che farebbero scomparire il suo gruppetto di parlamentari dalla scena politica? Però, questo è il punto, parlare del Mes significa spostare la partita sul piano internazionale. Non sarà allora quella globale la dimensione nella quale Matteo intende giocare una partita che lui immagina vincente?
Bene, ma sul Mes era davvero il caso di stabilire la linea del Piave? In genere certe linee difensive si stabiliscono in modo tale da trovare alleati con cui fare fronte comune e sul Mes la scienza economica italiana era quanto meno divisa.
Per meglio dire, sul Mes oggi ben pochi esprimevano entusiasmo anche su di un fronte di insospettabili anti sovranisti. In primo luogo Gualtieri, ma anche Boeri e Cottarelli che col populismo c’entrano come i cavoli a merenda. La ragione? Se fino a qualche mese fa i costi, sottoporre le proprie scelte politiche al giudizio altrui, potevano essere controbilanciati dai benefici, vale a dire mettere in cassa molti denari con un basso tasso di interesse, oggi che i tassi di interesse dei nostri Btp sono crollati, tanto vale racimolare soldi più caserecci con emissioni del debito pubblico. Interessi analoghi da pagare e nessun costo politico da sopportare.
In Italia dunque, difficile stabilire alleanze su questo punto. Ma torniamo a Herr Merz. Certo il buon Friedrich andrebbe in brodo di giuggiole sapendoci sotto tiro e quindi per lui la nostra accettazione del Mes capiterebbe a fagiolo. E fin da adesso, di fronte ad una rissa che fuori dai nostri confini risulta inspiegabile più ancora che da noi, può presentarsi come paladino del rigore e della serietà, esibendo il suo anti italianismo contro un paese che danza sul Titanic che affonda.
Quindi, di fronte ad un gentile omaggio proveniente dall’interno dei nostri confini potrebbe scattare un meccanismo di riconoscenza e già questo spiegherebbe, ma troppo poco, la scelta di un referente teutonico da parte del presunto fesso Matteo Renzi. Quello che secondo me assume un aspetto più rilevante è che, con le sue mosse, il nostro fan del Mes tenta la carta della profezia che si auto avvera. Facciamo un piccolo conto. Una settimana fa spread intorno a quota 100 e interessi a terra. Renzi fa no no no e lo spread va a 120 (e il Mes comincia a convenire). Il governo si ricompatta contro Renzi e lo spread torna a 115.
Vuoi vedere che se andiamo a elezioni risaliamo a scheggia e il Mes finisce col convenirci davvero?
Se Merz vincesse dentro alla Cdu si troverebbe in regalo non solamente le promesse di un possibile alleato (si sa le promesse non sempre vengono mantenute), ma il governo di un paese obbligato a subire i condizionamenti che tanto ama Friedrich.
A quel punto resta l’interrogativo finale. Ma per quale ragione Matteo R. sfascerebbe il suo stesso partito e manderebbe a casa i suoi parlamentari per ingraziarsi un possibile potente di domani. E’ vero, un tassello ci manca. Forse la risposta ce la potrebbe dare qualche parlamentare di IV che pare non sia entusiasta della linea del leader.
Per il momento la risposta, amici miei, is blowing in the wind.