Le parole disperse nella società asociale
Le parole disperse nella società asociale

La società asociale ci mette in discussione, ci fa riflettere sullo scambio comodità-etica, in tutte le sue declinazioni. In una manciata di anni una parola bella come “sociale” perdendo una e finale, anglicizzata e quindi resa incomprensibile e neutra, è sparita dal nostro pensiero, dalla nostra vita, dalle abitudini, dall’informazione. Tutto è social. Niente è sociale. 

Con il risultato che ogni dibattito, ogni discussione, ogni frammento di spazio politico ancora possibile, in questa democrazia dell’algoritmo e del commento rapido, si esaurisce in un fuoco di paglia di battutine ad effetto, di condanne o esaltazioni di fenomeni mediatici. Senza spazio per un tema fuori dal coro, per un tono diverso, per qualcosa che probabilmente ci aiuterebbe a capire, ad agire, a non subire gli effetti perniciosi dello squilibrio informativo.

Perché a ruota, insieme alla parola sociale, sono in caduta libera “bene comune” e “collettivo”. Sparisce tutto quello che volge lo sguardo verso i principi dell’etica e della giustizia sociale (ops…) e che contiene elementi di scomodità. Stanno cadendo le basi. Le parole belle si stanno essiccando. La profondità del pensiero che si àncora alle conoscenze, con quel senso critico guizzante come un delfino, sono reperti di un passato in cui a poco serve quel “festina lente” che ci sarebbe così utile per rallentare il passo, per affrettarsi lentamente. Spiazzando la realtà, recuperando parole e modalità. E quella “e” che ci manca e che renderebbe più sociale la nostra vita.

Tags: social media
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