Julian Assange, Londra nega l’estradizione negli Usa, ma è vittoria a metà
Assange, Londra nega l’estradizione negli Usa, ma è vittoria a metà

Julian Assange non verrà estradato negli Stati Uniti, dove lo attendevano 18 capi di accusa per spionaggio e pirateria informatica che gli sarebbero potuti costare fino a 175 anni di carcere.
Accusato di cospirazione dall’America, il giornalista e attivista australiano è stato più volte proposto per il Premio Nobel per la sua attività di trasparenza.
Vittoria a metà nel caso Assange, con la corte inglese che decide di non estradare il fondatore di WikiLeaks negli Stati Uniti per questioni legate alla sua sanità mentale e non a difesa del giornalismo investigativo da lui praticato con la denuncia di crimini di e altre gravissime violazioni umanitarie da documenti ufficiali Usa che gli sono valsa, l’accusa di cospirazione e spionaggio.

Il crimine americano da premio Nobel

Intanto ricordiamo che Julian Paul Assange è un giornalista, programmatore e attivista australiano, cofondatore e caporedattore dell’organizzazione investigativa WikiLeaks. Nel 2007 WikiLeaks pubblica il manuale per le guardie carcerarie di Guantanamo, avvio delle inchieste su orrori e torture. Nel 2010 rivela tramite WikiLeaks documenti classificati statunitensi, ricevuti dalla ex militare Chelsea Manning, riguardanti crimini di guerra con le forze armate statunitensi coinvolte.
Accusa per spionaggio e pirateria informatica da parte Usa, rischio fino a 175 anni di carcere, e svariati encomi da parte di personalità pubbliche nel mondo, ripetutamente proposto per il Premio Nobel per la pace per la sua attività di informazione e trasparenza.
Dall’11 aprile 2019 è incarcerato nel Regno Unito per la richiesta di estradizione fatta dagli Stati Uniti per le accuse di cospirazione e spionaggio. Il relatore Onu sulla tortura, nel novembre 2019 ha dichiarato che Assange deve essere rilasciato e la estradizione deve essere negata

Perché una vittoria a metà

«La sentenza -come osserva Simone Pieranni sul manifesto-, da un lato salvaguarda le condizioni mentali e fisiche di Julian Assange (per quanto ancora rinchiuso in un carcere inglese) e evita il trasferimento in un penitenziario di massima sicurezza americana, ma dall’altro segna la sconfitta per le tesi difensive, che miravano a controbattere alle pesanti accuse americane, inserendo le attività del loro assistito all’interno dell’attività giornalistica investigativa, quale era, come dimostrato dalla solidarietà di gran parte del mondo mediatico che, grazie ai documenti rivelati da Assange, ha potuto pubblicare e rendere noti a tutti alcune delle atrocità commesse dagli Usa, e non solo».

I segreti americani della vergogna

Secondo l’accusa americana, Assange avrebbe aiutato Chelsea Manning, analista della difesa statunitense, a violare l’Espionage Act. Il vincolo di segretezza che se violato diventa addirittura ‘spionaggio’. La legge utilizzata non a caso anche quando negli Usa uscirono i Pentagon Papers, sulle malefatte americane in Vietnam. Peggio, i documenti furono poi pubblicati da New York Times e Washington Post nel 1971, con grava imbarazzo politico a livello internazionale. Di fatto WikiLeaks svelò al mondo alcune efferatezze compiute dall’esercito americano in Afghanistan, compreso l’omicidio di due reporter di Reuters.

Due pesi due misure

Nel 2013 l’amministrazione Obama aveva concluso di non poter accusare Assange di crimini per la pubblicazione di documenti classificati senza criminalizzare il giornalismo investigativo. Nel 2019, l’amministrazione Trump ha invece aggiunto a tutti i capi di imputazione, anche quello di spionaggio.

Libertà provvisoria su cauzione

In settimana la difesa di Assange chiederà la sua libertà su cauzione, ma sulla vicenda pesa il quasi certo ricorso americano con il portavoce del dipartimento di Giustizia Usa che insiste. «Sebbene siamo estremamente delusi dalla decisione, siamo lieti che gli Usa abbiano prevalso su ogni questione di diritto sollevata. In particolare, la corte ha respinto tutti gli argomenti del signor Assange riguardanti la motivazione politica. Continueremo a chiedere la sua estradizione».
Nella serata di ieri dal Messico e dal suo presidente Lopez Obrador è arrivata una nuova possibilità: «Chiederemo al governo britannico il rilascio di Assange, il Messico gli offra asilo politico».

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