Dialoghi dissidenti di fine anno
Dialoghi dissidenti di fine anno

Certe volte mi sembra che il barbiere alchimista e anarchico abbia ragione da vendere sul sistema dell’informazione, tra una barba e una affilatura del filosofico rasoio. Come funziona l’informazione? Chiede con quel tono beffardo che lascia intendere un seguito del tipo: te lo dico io. Infatti così è. Poggia le forbici e continua, il cliente può attendere, intanto sta comodamente seduto sulla poltrona bianca e rossa vecchio stile.  

Funziona come le linee del campo di calcio. Le tracci sull’erba: dentro è gioco, fuori è fallo. Dentro è vita, fuori è inesistenza. Se non ti piace il calcio, passo al teatro. Prendi un palcoscenico e punta un riflettore sulla scena; hai presente quelli che fanno una luce tonda precisa e tutto intorno il buio? Nella luce l’attore, la sua parola, i gesti. Fuori, un metro più in là i tecnici, il pubblico, quelli che non sono sotto la luce. Dentro la vita, fuori l’inesistenza. 

Questo, aggiunge, ha educato i telespettatori e successivamente i lettori dei giornali e infine quelli dei social, a considerare solo quello che è all’interno del campo tracciato, o se preferisci del cono di luce, la realtà. Tutto quello che è fuori non esiste. Guarda i temi, più o meno sono uguali ovunque. Mi dirai: perché quelle sono le notizie. No, perché quelle sono le notizie nel campo stabilito. Tutto il resto non c’è. 

Non c’è neanche bisogno di chiedersi chi decide lo spazio di luce o il campo di informazione. Per lo meno, non c’è più bisogno di farlo. Ci sono semplici automatismi che sono impliciti nel modo di pensare. Se il tuo editore è Nerone, l’incendio di Roma non è una news.

Così può accadere che nel campo si parli di dissidenti in carcere in paesi lontani dall’Italia, ma non dei dissidenti in carcere per reati simili, nel nostro Paese. Penso a Nicoletta Dosio, a Dana Lauriola. Non sapete chi sono?

Ovvio. I dissidenti da celebrare sono sempre quelli che non denunciano le efferatezze del nostro sistema. Grandi abbuffate d’informazioni sui cenoni di Natale, sui disagi di chi non può andare a St. Moritz, zero su chi non ha casa e non ha lavoro, o è precario, sfruttato senza risorse, se non qualche vago e pietoso accenno per dimostrare all’italiano medio che in fin dei conti – a Natale si può fare di più… – siamo buoni e premurosi nei confronti di chi non ha niente. 

Sembra esagerato, caro barbiere. Mica farai parte della tribù dei complottisti che vedono un unico burattinaio per tutto? Macché, l’ho già detto e non stai attento, non serve il burattinaio. Il sistema informativo funziona perfettamente e liberamente così. Ci sono professionisti, agenzie, caporedattori addestrati a selezionare e decidere cercando in linea generale di indovinare quello che faranno i concorrenti, in modo da mettere le barche nella stessa linea di navigazione. 

Il cliente con la chioma dimezzata, a quel punto è intervenuto. Sarebbe bello un esempio, per non stare tutta la mattina a disquisire sul giornalismo come fosse un virus intelligente. Esiste anche l’informazione come servizio pubblico, inchieste tipo le Iene che inseguono i famosi per metterli alle strette, rischiando anche la vita, o gli scoop del Gabibbo. Il mondo sta cambiando.

Zac zac zac. Rumore di forbici e silenzio nel teatro di fine anno della barberia. Fuori piove. C’è aria di neve.

Vabbè, finiamo questa chioma prima che l’ombra si poggi su di noi. Anche se è apprezzabile che esistano luoghi in cui si esercita l’etica del discorso senza per forza correre dietro al telecomando e agli slogan dei nullasapienti, riconosco che è davvero dura.  Zac zac zac. 

Questo che dimostra, nella storia del calcio e del teatro e degli spazi circoscritti dell’informazione?  Che la notizia mainstream traccia il limite della discussione. Fino a un certo punto è sollevazione delle coscienze e indignazione. Oltre quel punto è ombra, e non importa che nell’ombra si muovano dubbi altrettanto significativi e domande politiche importanti. L’ombra è ombra scenica, è fallo laterale. Chi si avventura su quei luoghi sbaglia perché i plaudenti dell’arena mediatica non sono disposti a seguirli, non sanno più che esiste un mondo oltre quella luce. Più il cono è stretto su polemiche inutili e più lo spettatore telegattato è sereno. Il non vedere aiuta a non pensare. Lo capisco, è rassicurante e visti i tempi ci toglie di dosso l’ansia. 

Il futuro è questo. 

Allora alzo i prezzi, ha concluso il barbiere anarchico e alchimista, ma pur sempre uomo dallo spirito pratico e rurale. 

Tags: giornalismo
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