
Nel 2016 George Papadopoulos è il più giovane consigliere di Donald Trump nella campagna elettorale, ci ricorda Gianluca Di Feo su Repubblica. Manager ventinovenne di origine greca si occupa di petrolio e Mediterraneo: per questo viaggia spesso in Europa. Durante un convegno incontra Joseph Mifsud, sedicente uomo di governo maltese, molto attivo in centri studi londinesi assai particolari, e docente all’ateneo privato romano Link Campus University.
Mifsud vanta relazioni importanti a Mosca, presenta a Papadopolous una presunta nipote di Putin, e soprattutto gli fa cenno alla possibilità di mettere mano su materiali riservati di Hillary Clinton, la sfidante democratica di Trump. Migliaia di mail sottratte da un misterioso attacco hacker e poi pubblicate in parte da WikiLeaks. Papadopoulos sostiene che Mifsud li aveva definiti “dirt”, sporchi, consapevole quindi che si trattava di documenti trafugati e quindi illegali.
Siamo all’avvio dell’inchiesta sui rapporti inconfessabili tra Trump e il Cremlino, che avrebbe condizionato le elezioni Usa con campagne di disinformazione ai danni dei democratici. L’istruttoria viene affidata al procuratore speciale Robert Mueller. L’Fbi indaga Papadopoulos. I federali Usa dimostrano che il giovane manager ha mentito. Lui confessa e se la cava con 12 giorni di cella e un anno di libertà vigilata. Ora, con la grazia, fedina penale vergine.
Dopo la scarcerazione però Papadopoulos si dichiara vittima di un complotto dell’Fbi per incastrare Trump. Descrive Mifsud, ascoltato dai federali a Roma, come un agente provocatore al servizio dell’intelligence di Australia, Gran Bretagna e Italia. Scrive pure un libro in cui evoca il ‘Deep State’, l’oscuro ‘Stato profondo’. Nell’impegno editoriale l’aiuto importante della moglie italiana Simona Mangiante, già collaboratrice di Gianni Pittella al Parlamento Europeo.
Quando la Casa Bianca lancia la sua contro-inchiesta sul Russiagate, Mifsud diventa personaggio chiave, salvo il fatto che il presunto professore maltese è scomparso e sfugge a qualunque ricerca degli investigatori americani. Più spia molto coperta che professore. Addirittura, il ministro della Giustizia Usa William Barr e il procuratore speciale John Durham, nell’estate 2019 sono due volte a Roma, cercando collaborazione per chiarire il mistero Mifsud.
Sulla pista di Mifsud, si arriva alla Link Campus University, presidente l’ex ministro degli interni d’era democristiana Vincenzo Scotti, università telematica considerata la fucina della classe dirigente del Movimento 5Stelle, frequentata da alcuni vertici della nostra intelligence e impegnata in collaborazioni con atenei statali moscoviti. L’informatissimo Di Feo scrive che «Azionista della Link è l’avvocato svizzero Stephan Roh, moglie russa e consulenze nel settore energetico russo».
Barr (ora ministro dimissionato) e il procuratore Durham a Roma incontrano il direttore del Dis, l’organismo burocratico di coordinamento dell’intelligence, Gennaro Vecchione, figura definita vicina al premier Conte, ma non una vera spia. Quando i due americani chiedono di parlare con le spie operative, i direttori di Aise e Aisi, negano qualsiasi rapporto con l’ormai fantomatico Mifsud. Finale di tante trasferte romane, due cellulari forse usati da Mifsud avuti ufficiosamente da chi?
Magistrato e ministro stranieri a trattare direttamente con le nostre strutture di spionaggio? Al Copasir – il Comitato parlamentare di controllo sull’intelligence – qualcuno si arrabbia. Conte li definisce ‘normali scambi informativi tra alleati’ (controprova con la Cia su Stay Behind e Strategia della tensione?), e tutto finisce nel dimenticatoio, compreso il molto sospettabile Missud, comparso persino con la qualifica di ambasciatore, probabile spia (agli ordini di chi?).
Secondo Trump, l’istruttoria Durham avrebbe raccolto prove sufficienti a dimostrare la trama contro di lui. E ancora pochi giorni prima delle elezioni, Trump cerca di ottenere il via libera a diffondere i documenti della contro-inchiesta (cosa avevano ottenuto dal nostro spionaggio?). «L’istanza viene respinta in una concitata discussione tra i vertici degli 007 americani nel timore che la divulgazione danneggi “i rapporti con gli alleati”». Qualcuno in Italia dovrebbe essere chiamato a spiegare.
«Pure dopo la vittoria di Joe Biden, Trump cerca di insistere per divulgare ‘l’altra verità’ sul Russiagate», insiste Di Feo. Anche Papadopoulos e la moglie non si sono fermati, su Twitter ogni notizia a sostegno della loro tesi. «Ieri entrambi hanno ringraziato la Casa Bianca per il provvedimento di clemenza: “Non nego di stare piangendo”, ha scritto Simona Mangiante». Lieto fine o colpo di coda finale che apre i cassetti sui misteri intrecciati tra Roma, Londra e Mosca?
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