
«È una crudele prova generale di quello che potrebbe essere una Brexit senza accordo tra dieci giorni e che ha colto di sorpresa Londra», annota Anna Maria Merlo sul Manifesto. Da domenica sera, sappiamo, i paesi europei hanno cominciato a bloccare i movimenti di persone e in alcuni casi anche di merci dalla Gran Bretagna, dopo che il ministro della Sanità del governo Johnson ha informato il mondo della mutazione del coronavirus versione inglese, in corso già da settimane o forse mesi, stava dilagando ed era ormai «fuori controllo».
Prima i voli, poi i treni, e ora a rischio autotreni e merci. Peggio delle più cattiva Brexit. Voli dalla Gran Bretagna sospesi da mezzo mondo, Italia compresa. Poi i treni Eurostar sulla linea Londra-Bruxelles-Rotterdam-Amsterdam. La Francia ha bloccato tutto: aerei, navi, treni dalla Gran Bretagna (ma non nel senso contrario), «compreso il trasporto merci per via stradale». Il blocco totale dura per il momento 48 ore, fino a stasera a mezzanotte, per dare il tempo alla Ue di coordinare le decisioni dei vari paesi, ma Parigi non esclude che le restrizioni durino fino a gennaio.
Ieri, tra Calais e Dover il caos. Chilometri di tir britannici diretti verso il continente a fare scorta di merci alimentari nella paura di una Brexit senza accordo bloccati, e da Calais, viceversa, la paura di un blocco al ritorno. «Il Covid, le incertezze sulla Brexit e adesso il blocco brutale», lamentano per primi gli autotrasportatori, rispetto ad uno scenario -carenza di merci e prodotti alimentari- che potrebbe presto coinvolgere l’intera popolazione del Regno che si riscopre isola. Ieri il blocco dal continente in ordine sparso, oggi dovrebbe essere decisa la risposta europea.
Boris Johnson ha cercato di rassicurare i connazionali sul cordone sanitario attorno alla Gran Bretagna. «Non fate incetta di generi alimentari», prova a rassicurare il premier a credibilità da rigida temperatura invernale. E sostiene che da Dover arriva solo il 20% delle importazioni alimentari. Ma oltre la logistica, guai politici. «La destra tory sostiene che il leader sapesse della dannata variante già a settembre, e che ne abbia taciuto apposta per usare i poteri di emergenza di cui dispone per evitare un voto sul lockdown che avrebbe rischiato di perdere», scrive Leonardo Clausi.
E ora scadenza Brexit diventa quasi incubo. Verso un futuro di Regno unito nel lockdown, ma in rottura col contenente: «a colpi di regole commerciali Wto e di battaglie di pescherecci nella Manica». Scenario politico sui futuri rapporti non solo commerciali tra UE e GB completamente mutato. Con Johnson che ha ripetutamente rifiutato appelli alla moderazione provenienti anche dai moderati del suo stesso partito affinché prolunghi l’ormai minacciosa scadenza di fine anno. Ora il ‘No deal’, l’uscita dall’Ue senza accordo, diventa per Johnson minaccia politica mortale.
«Bisogna dunque aver paura della variante inglese denominata dai virologi B.1.1.7?», si chiede Andrea Capocci. «Nei campioni raccolti da novembre a oggi (e ce lo dite solo oggi?) nel Regno Unito, B.1.1.7 è apparso con una frequenza in aumento, a un tasso di crescita superiore del 70% rispetto alle altre varianti del virus». Insomma, ‘B.1.1.7.’ corre e contagia di più, ma non è detto sia più cattivo, la traduzione per ora possibile dalla stessa l’Agenzia europea dei medicinali, che ha approvato ieri il vaccino Pfizer-Biontech. L’agenzia chiede di aggiornare i tamponi e i test antigenici sulla variante scoperta in Gran Bretagna.