Mostar, Herzegovina largamente croata nella Bosnia etnica, al voto dopo 12 anni
Mostar, Herzegovina largamente croata nella Bosnia etnica, al voto dopo 12 anni

Partiti nazionalisti contrapposti per un leadership politica senza contenuti per il futuro di Bosnia Erzegovina, la condanna dei nazionalismo post bellico, 25 anni dopo la fine del conflitto aperto. Dodici anni per trovare l’accordo per votare, vergogna per tutti i protagonisti. Come governare la città divisa anche politicamente dalla Neretva, dopo che lo Stari Most, l’antico ponte turco fu abbattuto dalle cannonate croate di Jadranko Prli, poi ricostruito senza riuscire a cancellare colpe e veleni.

Assurdi 12 anni e qualche segnale di speranza

Dodici anni per decidere come scegliersi un sindaco tra fazioni nazionali con un passato di massacri feroci. Mostar, il capoluogo dell’Erzegovina a netta maggioranza croata, è l’ultima delle città della federazione bosniaca a rinnovare il consiglio comunale. Con la gestione internazionale molto spesso inadeguata quando non complice di folli divisioni. Nulla è facile in quella terra lacerata da nazionalismi sempre stupidi e spesso crudeli. «Nel resto del Paese le amministrative del 15 novembre –segnala Alessandra Briganti sul Manifesto-, hanno segnato  per la prima volta l’arretramento dei partiti etno-nazionalisti che hanno dominato la scena politica bosniaca del dopoguerra».

Democrazia spesso incapace sotto tutela

La città simbolo della guerra tra croati e musulmani bosniaci, dell’offesa al mondo con lo storico ponte turco abbattuto, dei campanili a inseguire in altezza i minareti, dei francescani del santuario di Medjugorie rimasti alla crociate anti infedeli. Il peggio della gestione internazionale, che nel 2004 modificò lo statuto di Mostar e la legge elettorale della città. Contestazioni e sei mesi di tempo per garantire l’eguaglianza del voto, ma i mesi sono diventati dieci anni. E Mostar divenne feudo personale di Ljubo Beslic sindaco croato, esponente dell’Hdz, il partito ultra nazionalista croato, e del musulmano Izet Sahovic, esponente dell’Sda, partito nazionalista opposto, a tenere le casse, in proroga semi perpetua per ‘mandato tecnico’.

Città divisa e democrazia rubata

«I due avrebbero speso finora più di 400 milioni di marchi bosniaci a loro discrezionalità, senza che nel frattempo venissero indette nuove elezioni», denuncia Alessandra Briganti. Sino alla condanna dalla Corte europea dei diritti dell’uomo contro la Bosnia-Erzegovina per la discriminazione a danno dei cittadini di Mostar, impossibilitati a eleggere i propri rappresentanti. A giugno, la svolta ‘spintanea’.  A contendersi i 35 consiglieri della città sono principalmente due coalizioni, le eterne formazioni nazionaliste Hdz-BiH  e l’Sda. Con la novità di altri partiti  di ‘contenuto politico’, socialdemocratici contro conservatori, ed è rivoluzione politica in prospettiva.

Test Bosnia-Croazia sui padrinati esterni

Il voto rappresenta anche un test per le relazioni tra Bosnia-Erzegovina e Croazia, caratterizzate dalla forte ingerenza di Zagabria negli affari interni e nelle relazioni esterne della Bosnia. Gravi le recenti dichiarazioni del presidente croato, Zoran Milanovic, che in occasione dell’anniversario di Dayton (l’assurda costituzione che strangola il Paese in due ‘entità statali’ e tre rappresentanze popolari), ha dichiarato che gli accordi di pace non potranno essere modificati «senza violenza». La Croazia più nazional sovranista in campo col premier Plenkovic, e alcuni ministri dell’Hdz croato. Padrinato o interferenza, scegliete voi.

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Tags: Bosnia Mostar
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