
Realpolitik e geopolitica francese nei confronti di Al Sisi, per l’alleanza anti-turca nel Mediterraneo orientale e in Libia e per la lotta al terrorismo islamico. E poi gli armamenti. «Le vendite di armi, hanno registrato una crescita negli ultimi anni, cominciata prima di Macron, con Hollande e prima ancora con la cooperazione per la sicurezza e militare». Ma non solo navi ed aerei per la guerra, ma anche tecnologie di sorveglianza, utilizzate nella repressione interna.
«Rivelati probabili crimini di guerra in Libia e nel Sinai da parte dell’Egitto con armi di origine europea e statunitense».
«Dal 2011-2012, con la presenza di partiti islamici, alcuni Stati hanno preferito il campo militare, il deep state in Egitto». La Francia, denuncia Leslie Piquemal, ha accettato la narrazione del regime con tutti gli oppositori fatti terroristi. La vicinanza Francia Egitto, «il fatto che gli alleati della Francia – Egitto, Emirati – utilizzino in Libia armi francesi e che le violazioni dei diritti umani siano documentate non sembra disturbare Parigi». Ora si sono aggiunte la attenzioni anti turche nel Mediterraneo orientale sulle ricerche petrolifere in mare altrui.
Diritti umani e ‘sconti’ d’interesse. La Germania che ha venduto all’Egitto dei sottomarini, si giustifica dicendo che non sono documentate violazioni dei diritti umani con dei sottomarini. L’Italia vende elicotteri e con quelli, per quanto noto, non hanno ancora mitragliato qualche piazza in rivolta. Scuse rispetto ad un regime sempre più feroce e impresentabile.
Oggi peggio di ieri. «Pena di morte dopo processi ingiusti, di massa, con confessioni strappate sotto tortura. L’Onu ha documentato l’uso sistematico della tortura in Egitto, da parte del ministero degli Interni e della sicurezza nazionale, una sorta di polizia politica».
«Con Mubarak erano di meno, erano persone note come islamiste. Adesso riguarda un ampio spettro dei dissidenti».
«Non si conosce il numero esatto dei prigionieri politici, ma si parla di decine di migliaia, forse 60mila».
«Ci sono carceri segrete in Egitto, gestite dai militari e dalla sicurezza nazionale».
Un voto Ue all’unanimità, Francia per prima. Ma solo gli Stati membri possono proporre sanzioni. A convenienza incrociata. Gli Stati e l’Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell possono fare proposte, ma il Parlamento europeo no. Ma l’europarlamento giovedì ci riprova. La quarta risoluzione in tre anni sulla violazione dei diritti umani in Egitto, che riguarda anche il caso Regeni. Un messaggio politico, che non ha però potere vincolante, ma a cui la Commissione dovrà rispondere.
Vertice a Palazzo Chigi dopo la chiusura delle indagini da parte della Procura di Roma sull’omicidio Regeni. E l’Italia che fa affari con l’Egitto, chiede sostegno all’Ue. Equilibrismi e un po’ di furberia politica. L’Italia che chiederà a Ue e istituzioni internazionali di riconoscere come legittimo il processo che si aprirà nel nostro paese contro i quattro dei servizi segreti egiziani accusati del sequestro e della uccisione di Giulio Regeni.
Va detto che l’Europa e i singoli Stati non hanno mosso un dito, né interrotto i rapporti diplomatici e commerciali con l’Egitto.
Come è vero, però, che l’Italia ha fatto altrettanto, segnando ogni anno un nuovo record nella vendita di armi al regime egiziano.
«Timore di isolamento, di venir sostituita nel quadrante mediterraneo, semplice attaccamento agli affari: le motivazioni sono tante, ma non giustificano la legittimazione di uno dei regimi più brutali del secolo», sostiene Chiara Cruciati. Ma oggi all’europarlamento, risoluzione sulla situazione dei diritti umani in Egitto e sarà una sessione movimentata.
Secondo Committee to Protect Journalists, l’Egitto si aggiudica di nuovo il terzo posto per numero di giornalisti dietro le sbarre dopo Cina e Turchia. Sono 27, con un record di arresti legati alla copertura (non gradita al regime) della pandemia.