
Janez Jansa, esponente dell’ala destra del partito popolare sloveno che già di suo è abbastanza conservatore. Uno sconosciuto per gran parte del mondo, sino alle elezioni americane quando, unico sul pianeta, ha dato retta alle boutade di vittoria da parte di Trump e ha inviato congratulazioni ufficiali al marito della bella slovena Melania, ma presidente sbagliato. Poi ha insistito a sostenere lo scontro di Ungheria e Polonia sul Recovery fund e Stato di diritto, ma lo ha fatto lanciando solo un sasso di sostegno per poi nascondere la mano. Ora…
Il lancio della seriosa Ansa, sulla denuncia di 160 studiosi e intellettuali. Cosa sta accedendo nel oiccolo paese ex jugoslavo a ridosso dell’Italia? Da quando Jansa è diventato premier, nel marzo 2020, il governo si è rifiutato di riconfermare la nomina di diversi direttori di musei e di un direttore di un istituto di ricerca, sostituendoli con «individui con credenziali professionali minori», me ritenuti evidentemente più vicini al governo stesso. E addio indipendenza: partendo dalla cultura per arrivare –vedi Ungheria e Polonia- alla magistratura e altro.
Il progetto di creare un nuovo «Museo dell’indipendenza slovena», ad esempio. Secondo gli studiosi che hanno firmato la lettera, il Museo sarà solo uno strumento di propaganda, «pensato per promuovere una narrazione nazionalista sul passato, volta a rafforzare l’agenda ideologica del Primo ministro e del suo Partito democratico sloveno». Interessante sarà vedere il racconto delle mini guerra di secessione e indipendenza, con ancora troppi testimoni rispetto ad eventuali montature.
«Abbiamo osservato tentativi simili, ampiamente riusciti, in altri paesi europei. Governi con tendenze autoritarie in Polonia, Ungheria, ma anche in Russia hanno utilizzato tattiche simili mentre tentavano, spesso con successo, di controllare e disciplinare la società civile e il mondo accademico. Il nazionalismo sfrenato, i cliché antisemitici, la xenofobia e il disprezzo per le norme democratiche sono diventati parte integrante del modus operandi dell’attuale Primo Ministro sloveno», denuncia la lettera.
Gli studiosi e gli intellettuali sloveni si sono rivolti al gruppo del Partito popolare al Parlamento europeo (già alle prese con la richiesta di espulsione del partito ungherese Fidesz, di Orban), per ammonire Ljubljana e chiedere al governo sloveno «di giustificare le proprie recenti azioni e di garantire che la libertà professionale sia protetta in Slovenia».