Verso il processo italiano, improbabile per loro qualsiasi carcere egiziano, sono il generale Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, tutti agenti dei servizi segreti egiziani. La notifica attraverso un decreto di irreperibilità direttamente ai difensori di ufficio italiani, non essendo mai pervenuta l’elezione di domicilio degli indagati dal Cairo. Richieste ribadite nei diversi incontri che negli anni si sono svolti tra investigatori e inquirenti italiani e egiziani ma che il Cairo ha lasciato inevase. Proprio quest’ultimo punto, era tra quelli posti dall’aprile del 2019 agli omologhi egiziani, ma la magistratura di quella parti sembra tutta impegnata e prorogare di 15 giorni in 15 gio0rni l’infinita carcerazione preventiva di Zaki, studente egiziano dell’università di Bologna.
Ai quattro 007 egiziani accusati di aver rapito Giulio Regeni, e averlo tenuto prigioniero per 9 giorni, viene contestato il «sequestro di persona pluriaggravato in concorso tra loro e con altri soggetti allo stato non identificati». «I quattro indagati – si legge ancora nell’atto – dopo aver osservato e controllato direttamente ed indirettamente, dall’autunno 2015 alla sera del 25 gennaio 2016, Giulio Regeni, abusando delle loro qualità di pubblici ufficiali egiziani, lo bloccavano all’interno della metropolitana del Cairo e, dopo averlo condotto contro la sua volontà e al di fuori di ogni attività istituzionale, prima presso il commissariato di Dokki e successivamente presso un edificio a Lazougly, lo privavano della libertà personale per nove giorni».
Il killer materiale di Giulio Regeni sarebbe stato Ibrahim Abdelal Sharif, assassinio avvenuto con queste indicibili modalità, attenuate nella loro crudezza solo dal linguaggio burocratico da medicina legale. «Al fine di occultare la commissione dei delitti suindicati, abusando dei suoi poteri di pubblico ufficiale egiziano, con sevizie e crudeltà, mediante una violenta azione contusiva, esercitava sui vari distretti corporei cranico-cervico-dorsali, cagionava imponenti lesioni di natura traumatica a Giulio Regeni, da cui conseguiva una insufficienza respiratoria acuta di tipo centrale che lo portava a morte». Botte ripetute alla faccia, alla testa, al dorso, sul petto, provocando lesioni interne che hanno portato alla morte per soffocamento.
Contemporaneamente, a Parigi, l’accoglienza del generale-Presidente egiziano all’Eliseo. La cerimonia è la fotografia di un realismo politico che mette la difesa dei diritti umani dopo una lunga serie di altre priorità, se non proprio sotto le scarpe. Realismo politico, lo chiamano all’Eliseo, a cercare di nobilitare la utile ma imbarazzante visita dfi Abdel Fattah al-Sisi. E mentre l’Italia sperava nella liberazione di Patrick Zaki e 20 Ong di tutta Europa denunciavano il partenariato strategico della Francia con l’Egitto, alla faccia della difesa dei diritti umani a bussola geopolitica variabile. Ma Macron della sanzioni a est, fin che gli conviene, spiega: «non condizionerò le questioni di difesa e cooperazione economica ai disaccordi sui diritti umani».
«La Francia –ha detto chiaramente Macron – continuerà a vendere le sue armi al Cairo nonostante i suoi scarsi risultati in materia di diritti umani, poiché è fondamentale che l’Egitto mantenga la sua capacità di combattere il terrorismo nella regione». Con buona pece per i circa 60mila prigionieri per reati d’opinione rinchiusi nelle sue carceri. Va anche detto che ciò corrisponde ai paralleli interessi armieri ed energetici italiani con lo stesso Egitto delle torture. Realpolitik quanto vuoi, ma anche una malcelata vergogna in casa francese. Legion d’Onore, la massima onorificenza della Repubblica concessa ad Al Sisi in una cerimonia semi nascosta. Le immagini, infatti, sono state trasmesse solo dai media egiziani, mentre in Francia il racconto dell’intera visita si sarebbe condensato nel solo momento della conferenza stampa.