Uranio impoverito
Vittime dell’uranio impoverito, «ministero della Difesa responsabile»

Sentenza del Consiglio di stato. Demolito senza attenuanti il ricorso per evitare di risarcire la famiglia di un caporal maggiore che aveva prestato servizio nella missione Althea nell’ex-Jugoslavia nel 2007, ben sette anni dopo l’uso militare di quegli ordigni, quanto la loro pericolosità post esplosione era diffusamente nota.
La sentenza della Quarta Sezione del Consiglio di Stato denuncia e sanziona la negligenza nella tutela del proprio personale inviato in missione all’estero ed esposto al contatto prolungato con l’uranio impoverito seminato dalla Nato.

Negligenza subito, e poi furberie ed arroganza

L’ABC per ministero e stellette. «…Allorché su disposizione dei competenti Organi della Repubblica invia uomini in missione all’estero, I’Amministrazione della difesa è tenuta ad informarsi preventivamente della concreta situazione (…) e a fornire al personale tutti gli strumenti di protezione individuale ragionevolmente utili al fine di prevenire i possibili rischi (…) Altrimenti detto, nell’ipotesi di missioni all’estero (cosiddette “missioni di pace”) l’Amministrazione della difesa versa in una condizione di responsabilità di posizione, cui fa eccezione il solo rischio oggettivamente imprevedibile…».

Nel 2007 tutti sapevano della minaccia Uranio impoverito

La sentenza sottolinea come l’Amministrazione fosse al corrente sia della presenza di uranio impoverito, sia della sua pericolosità e delle misure di protezione a adottate dalle altre forze Nato presenti in Serbia a Kosovo. Giornalisti ‘molto vicini’ a Remocontro, avevano già allora denunciato apertamente la pericolosità della situazione. «…Il ricorso a tali dispositivi di protezione e procedure indica che altri Alleati, coinvolti nella stessa missione, ritenevano concreto il rischio alla salute derivante dall’esposizione a residui di combustione di metalli pesanti…», riferisce attento Gregorio Piccin.

Irresponsabili e ‘felloni’ senza attenuanti

Il Consiglio di Stato non concede al ministero nemmeno l’eventuale attenuante, la scusa, di aver dovuto predisporre le missione di corsa, senza aver avuto il tempo di predisporre tutte le misure di sicurezza necessarie, perché è una balla. Non eravamo in guerra e la missione era programmata da tempo. Vertici alla difesa irresponsabili e anche bugiardi, la sintesi da sentenza. In altri tempi, altro stile di narrazione, sarebbero stati definiti ‘felloni’. Con questa sentenza sulla vicenda uranio impoverito, il ministero della Difesa perde anche nelle aule del massimo organo della giustizia Amministrativa, e quindi si avvicina sempre più l’ora di pagare il dovuto.

Basta appelli giudiziari, un F35 in meno e pagare

Non ci sono più appelli da fare se non al governo ed al parlamento ma –denuncia il Manifesto, e noi in scia-, «è ancora arenata nelle commissioni Lavoro e Affari Sociali la proposta di legge che dovrebbe tutelare il personale da queste ed altre negligenze». Presidente Mattarella, una parola di sdegno? Mentre continua il silenzio del ministero della Difesa su tutta la vicenda e persino sulle dichiarazioni ritenute falsa rilasciate dall’ammiraglio Cavo Dragone alla Commissione parlamentare d’inchiesta. Ma non c’è un ‘giudice a Berlino’, si diceva un tempo? Uffici stampa da trombettieri ad omertosi, su ‘missioni di pace’ che insistere ancora a definire tali, diventa presa in giro.

L’Afghanistan dove tra un po’ rimarremo solo noi a reggere il moccolo ai pochi americani rimasti, e a fare i conti con tanti talebani un po’ arrabbiati. E la missione nel Sahel dove persino la Francia coloniale che lì comanda, scappa, e dove la geopolitica rivoluzionata ha cancellato le basi stesse della missione. Se qualcuno alla Difesa c’è batta un colpo.

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AVEVAMO DETTO

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