
Nuovo decreto a inizio dicembre e che regolerà le feste natalizie. Si discute ancora discute sulla possibilità di spostamenti tra le regioni, per incontrare genitori, figli, partner. «I movimenti della popolazione sono un fattore di grave rischio, vanno mantenute le misure restrittive», spiega Agostino Miozzo, coordinatore del comitato tecnico scientifico. E così anche il governo si muove prudente. «Pensiamo si debbano introdurre misure maggiori per prevenire un’ondata di contagi» ha ribadito ieri Conte. «Mi piacerebbe poter dire che i problemi sono tutti risolti e si può riaprire tutto, ma non direi la verità», ammonisce il ministro Speranza.
«Se apriamo senza limiti – sostiene il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia in Parlamento – le perdite di dicembre in vite umane ce le ritroveremo a febbraio: questo significherebbe essere entrati nella terza ondata ed è nostro dovere evitarla». I dati del bollettino di ieri segnano un lento e costante calo dei contagi: 25.853 i nuovi positivi al Covid , con 230mila tamponi, ma è ancora altissimo il numero dei morti: 722. Il tasso di positivi rispetto ai test scende all’11,24%, il dato migliore delle ultime settimane; buono anche il numero dei ricoverati (-264), mentre le terapie intensive segnano un +32, ed è altro dato da paura.
Regole per le notti di Natale e Capodanno, a partire dal numero massimo di posti a tavola, ed eventuali test e quarantene per chi rientrerà dall’estero. L’Italia cerca l’intesa in Europa, per evitare concorrenza sleale tra i vari paesi, a farci male l’uno con l’altro, a colpi di piste sciistiche aperte in concorrenza e a danno di un settore già in agonia, e la possibile ritorsione di divieti in uscita, ‘piste rosse’ peggio che nere, ed eventuale quarantene imposta al ritorno per chi è espatriato per vacanza sulla neve. Richiesta italiana a anche spagnola e francese che chiedono una risposta europea anche se le piste dea sci non sono cosa Ue.
I Comuni delle zone alpine ora pregano: questa volta non per far cadere neve ma regole (e aiuti). «Con la Svizzera che riapre, l’Austria pure, rischiamo di fare la figura della periferia, dei dimenticati», attacca il governatore del veneto Zaia. Il Boccia assicura adeguati ristori al mondo della neve e, in Parlamento, apre all’ipotesi di una apertura ritardata, come accaduto in estate con le spiagge. Ma intanto di discute sui colori della emergenza. Ridurre gli indicatori per le fasce di rischio: ai tecnici l’«ardua sentenza». Dal report di domani Lombardia e Piemonte potrebbero uscire dalla zona rossa, mentre la Basilicata rischia di entrarci.
«I primi cittadini europei potrebbero essere vaccinati ancor prima della fine di dicembre. Finalmente vediamo la luce in fondo al tunnel» ha annunciato la presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen, ricordando però che «i vaccini sono importanti, ma quel che conta sono le vaccinazioni». Il punto dolente da risolvere anche in Italia, dove quasi la metà degli italiani -sembra incredibile- per ora si dichiara scettico sulla profilassi. Il ministro Speranza immagina una campagna di vaccinazione «molto larga» nel Paese. Almeno inizialmente, per costruire l’immunità di gregge, si sceglierà quindi la strada della persuasione.
Il Comitato tecnico scientifico ha anticipato la possibilità che per alcune categorie il vaccino alla fine diventerà scelta obbligata. «Non sono le singole Regioni che comprano il vaccino, ma è lo Stato attraverso le procedure europee che lo avrà direttamente. Ci sarà una condivisione sul piano anche con i territori». Ieri, l’Emilia Romagna ha annunciato d’essere in pole position per la ricezione delle prime 170mila dosi, che saranno distribuite soprattutto tra gli operatori sanitari. L’Italia avrà a disposizione il 13,65% di tutti i vaccini in sede europea. Il primo dovrebbe essere quello a doppia somministrazione della Pfizer, 3,4 milioni di dosi.