
In piena seconda ondata del Covid, che sta mettendo di nuovo in ginocchio l’Europa, il Consiglio europeo di oggi dedicato soprattutto alla pandemia e alla questione dei vaccini rischia di non poter decidere nulla. Oggi la verifica formale al veto che Ungheria e Polonia hanno annunciato alla riunione degli ambasciatori, ricatto esplicito contro il richiamo al rispetto dello Stato di diritto nei loro Paesi, deliberato dal Parlamento Ue. Orgoglio o arroganza nazionali che richiamo di bloccare i 1074 miliardi del bilancio pluriennale Ue (2021-27) e il Recovery Fund di 750 miliardi. «Questo significa che i finanziamenti, se verrà aggirato l’ostacolo, non arriveranno prima della seconda metà del 2021, mentre la Ue sarà senza bilancio dal primo gennaio e dovrà limitarsi alle spese obbligatorie», denuncia Anna Maria Merlo sul Manifesto.
Polonia e Ungheria, da anni in conflitto con Bruxelles sull’indipendenza della magistratura, sulla libertà dei media e dell’istruzione universitaria, alla vigilia delle sanzioni contro di loro, minacciano ‘alla Sansone’, il crollo di tutti i possibili finanziamenti Ue sulla testa di tutti, compresi i loro Stati che con Covid e situazione economica soffrono almeno quanto gli altri europei, se non di più. Gli integralismi nazional populisti esacerbati di Polonia e Ungheria alla fine hanno rotto persino il gruppo di Visegrad, con Slovacchia e Repubblica ceca che non li hanno seguiti. A sorpresa cerca di trovare palcoscenico la destra slovena il cui leader Jansen è stato il primo europea e congratularsi col presidente Usa neo eletto, salvo sbagliare vincitore. Caricature a parte, problema reale, chi e come e quando intervenire su eventuali violazioni dello Stato di diritto (solo Polonia e Ungheria?). L’Ue ha sempre rinviato, e ora la questione esplode tutta in un colpo solo.
La Germania, che ha la presidenza del Consiglio a rotazione, sta cercando in queste ultime ore di fare pressione sui dissidenti. Il «pacchetto» finanziario porterà alla Polonia l’equivalente del 4,4% del pil, il 4,3% per l’Ungheria (per l’Italia sarà il 3,7%). «Bloccare la Ue è ingiusto per tutti i cittadini e colpisce solo loro, polacchi e ungheresi compresi», il commento politico diffuso. E il vincolo dei finanziamento al rispetto dello Stato di diritto, quello che vorrebbero Polonia Ungheria e ora flebilmente Slovenia, non salterà, perché le risorse proprie devono passare al voto dei parlamenti nazionali e i Paesi «frugali» – Svezia, Danimarca, Austria, Olanda a cui si è aggiunta la Finlandia – che già erano poco entusiasti a luglio nell’approvazione dei Recovery, non faranno passare il pacchetto senza un chiaro legame con il rispetto dello stato di diritto.
Via d’uscita, tirar via il Recovery dal bilancio Ue e trasformarlo in accordo tra governi a 25 o 24 (senza Ungheria, Polonia, Slovenia). Ma i tempi si allungherebbero molto. In mezzo a questo pasticcio, la Commissione ieri ha inviato le ‘raccomandazioni’, sui bilanci 2021. «Nessuna richiesta di correzione, con il fiscal compact, i vincoli stretti di bilancio, sospeso a causa del Covid -spiega Anna Maria Merlo- via libera al «denaro magico» nell’immediato per evitare ad ogni costo una recessione, ma qualche seria preoccupazione per il medio periodo. Nel mirino i ‘big spenders’, Italia in testa, ma anche Belgio, Francia, Grecia, Portogallo e Spagna, che i ’falchi’ vogliono tenere sotto controllo».
«Per Italia, Francia, Lituania e Slovacchia c’è inoltre la preoccupazione per spese decise nel momento del Covid che rischiano di non essere solo temporanee e quindi di portare a finanze pubbliche insostenibili, senza misure di copertura (anche per Germania e Olanda c’è qualche inquietudine per squilibri). In altri termini, oggi la borsa è aperta, ma già domani il debito tornerà in primo piano, con tutte le conseguenze di tagli al welfare».
Altra grana al Consiglio: Brexit è ancora in alto mare e non dovrebbero esserci novità prima della prossima settimana. Ma anche su questo fronte il tempo stringe.