Facebook e democrazia
Facebook e democrazia: l’algoritmo autoritario a delazioni organizzate

Remocontro è un blog giornalistico di un certo spessore basato sul volontariato di alcune anche prestigiose firme giornalistiche che non si arrendono, assieme a magistrati, diplomatici, docenti, alti gradi delle forze armate e persino una ex spia vera. Tutti volontari e cercare di capire cosa accade nel mondo, sempre secondo la regola vincolante della ‘virtù del dubbio’. Nessun guadagno, salvo la parte tecnica che di lavoro campa, e per il resto, o gratis o a perdere: da più di 7 anni ormai e 8 mila 380 pezzi pubblicati. Il promotore di Remocontro, idealista non confesso, aveva deciso di investire in giornalismo il risparmio dello smettere di fumare a favore del guadagno salute. Vabbé che fumavo molto, ma insomma… Vero è che ci siamo convertiti alla pubblicità via Google (e anche vostra, se mai fosse), tre soldi e poco più, sulla base dei ‘click’, delle presunte letture, come accade con le copie vendute dei quotidiani e gli ascolti di Gr e Tg, con la speranza di poter far lavorare anche qualche giovane ‘non volontario’.

A questo punto, se il principale ‘social’ che diffonde i blog sul web, per qualche ragione ti limita o ti impedisce la pubblicazione, ti colpisce non solo sull’orgoglio delle letture ma anche su quel poco di respiro economico che puoi avere. Google paga, poco, troppo poco, e Facebook, l’altro gigante mostro che può decidere, da solo e senza possibilità di interloquire, se farti ‘campare’, se lasciarti quel tanto di visibilità che motiva la fatica del tuo fare.

Recentemente Remoconto è finito sotto attacco in diverse forme.

Una sintesi per non annoiarvi ed arrivare al sodo. Bloccati i rilanci su blog di cui eravamo addirittura amministratori e blog amici che duravano da anni: accusa, ‘spam’, pubblicità fastidiosa, senza dire altro né motivare. Se c’è una regola pur se discutibile, spiegala, altrimenti la tua imposizione non motivata è prepotenza. Peggio, l’accusa di fake news inesistenti, generica e senza riferimenti. Replica possibile, una casella postale dove l’ultimo umano che ha visto è chi l’aveva messa in pagina alle origini del web. ‘Algoritmi’ li chiamano, selezione automatica sulla base di regole programmate da Facebook e, vedremo, potenzialmente sceme e certamente antidemocratiche.

L’«Algoritmo» nemico di Remocontro nel giro di pochi giorni ha fatto strage. Pagina fb ‘Ennio Remondino giornalista’, bloccata con richiesta di documento personale, come al posto di blocco dei carabinieri. Tempi di attesa (di cosa poi), imprecisati e pagina bloccata. A tre giorni ancora speriamo. Poi a raffica, muoiono le pagine fb di ‘Geopolitica Remocontro’, e ‘Remocontro’ stessa. E quest’ultima è davvero bella.
La pubblicazione di Remocontro sulla sua pagina fb bloccata perché qualcuno l’ha definita e condannata come ‘spam’. O sono io Remocontro che mi sparo sul piede, o qualcuno, non è dato sapere chi e come, dice che Remocontro è pubblicità illecita sulla pagina fb dello stesso Remocontro? L’algoritmo sarà anche intelligenza (molto poca) artificiale, ma non ha alcun senso del ridicolo.

Ma l’algoritmo non è solo scemo

Per fortuna c’è il supertecnico che sa e spiega. «Ciò che è avvenuto alla pagina è probabilmente frutto di un attacco concertato in modo da far credere che tu pubblichi delle spam o fake news. In genere, per rendere una segnalazione attendibile, occorre che le segnalazioni provengano da più luoghi diversi, da IP diversi e in momenti diversi. Solo allora FB avvia una procedura di infrazione, perché i suoi algoritmi rilevano una coincidenza di segnalazioni che viene ritenuta attendibile. E’ chiaro che chi intende mettere in cattiva luce un sito, o un profilo social, o una pagina, può facilmente concertare un attacco del genere – e FB ci può cadere in pieno».

Remocontro, insomma, s’è fatto i suoi bravi nemici potenti, e questo ci rende orgogliosi, ma Facebook ci casca, e questo ci fa molto molto arrabbiare. Le regole fb sono autodefinite e, se tu entri, le accetti. Perfetto. Ma le eventuali ipotetiche violazioni, chi te le contesta prima di passare alla sentenza di condanna e alla decisione della pena? Giusto processo e diritto alla difesa non valgono nell’impero Facebook? Prima ti punisco poi ti chiedo di spiegare ad una macchina che ha sbagliato. Follia.

Facobook versione ‘trumpista’?

No, signor Mark Zuckerberg, questo non è metodo di rapporto lecito in democrazia, questo è modello Ovra, per dirla all’italiana, me se vuole le posso citare infiniti esempi di dispotismi anche in americano. Eventuali denunce anonime e non veritiere ma bene organizzate, recepite dai vostri algoritmi mal pensati, hanno così il potere di bloccare qualsiasi voce social tra le molte serie, Qanon e Trump a parte.
E voi adottate questo sistema e lo imponete senza nessuna possibile difesa preventiva alla sanzione, o ad una qualsiasi istanza arbitrale successiva. «Ma voi siete miliardi, replicate voi. Come potremmo fare?». Dovevate pensarci prima, certamente evitando di comportarvi come giudici assoluti e insindacabili! Mi sto arrabbiando e potrei trascendere con la parole, cosa che aborro. La conclusione la affido al mio amico supertecnico che forse potrebbe tornare utile anche a lei, signor Mark Zuckerberg.

«Caro Ennio, è proprio la natura delle tue pubblicazioni di politica internazionale a renderti vulnerabile ad attacchi, segnalazioni, blocchi. Se per esempio pubblichi qualcosa che viene considerato offensivo da una nazione o un governo o un uomo politico, è facile che possa scattare immediatamente una rappresaglia».

Se l’enorme macchina comunicativa planetaria che è diventata Facebook non saprà difendere la correttezza dei suoi contenuti in forme civili e democratiche e non a colpi di algoritmi autoritari pensati da teste a loro volta autoritarie, allora, gentile signor Mark Zuckerberg, è segno che anche il suo impero è ormai contagiato dal virus del trumpismo che non si esaurisce purtroppo in quella catastrofica presidenza che darà ancora molte preoccupazioni al mondo.

E se ci saranno ulteriori ritorsioni, Remocontro riesumerà dalla cantina il ciclostile da museo.

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