Rai
Fini…Rai? La tv pubblica rischia il fallimento

Salini (l’amministratore delegato) ha lanciato l’allarme. La Rai, causa Covid e mancati incassi pubblicitari, rischia il default.
Vero, la Rai rischia il default.
Falso, causa Covid.
Al massimo il Covid è l’acceleratore del declino.

L’Assente delegato

Un declino di cui Salini rischia di essere esecutore testamentario.
Chiuso nell’eremo del settimo piano, a parte una breve passerella
appena insediato, Salini è praticamente assente.
L’Assente Delegato. Che non vede e non parla con nessuno.
Autori e conduttori, ad esempio.
Nessuno di quelli che sono in trincea e conoscono il prodotto.
Perché ricordiamocelo, la Rai non produce bulloni o interruttori ma
programmi.

La ‘Serra creativa 2.0′

Salini ha costruito la versione 2.0 della Serra Creativa ma ancora non
c’è un direttore. E soprattutto quelli che dovrebbero portare idee.
Conduttori, autori e perché no, dirigenti. Anche se, dopo l’uscita di scena
dei Maffucci e De Andreis, tanto per fare alcuni nomi, la Rai non ha
ritenuto opportuno creare un vivaio. Ha approfittato di dirigenti di società
di produzione esterne che non avevano un dna e una cultura da servizio
pubblico. Per il resto, siamo ormai alle terze, quarte linee.

La Rai che compra e basta

Altra criticità è rappresentata dal fatto che in Rai non si sperimenti più.
Si compra e basta. Lasciando ad alcune società un potere enorme.
Come il diritto di veto sui conduttori.
Società che dettano, di fatto, la linea editoriale alla Rai.
La Rai compra idee e format. A qualsiasi prezzo.
Ha senso mantenere una struttura pesante ma non pensante?
La Rai si limita ad offrire strutture e manovalanza (qualificata).

Esternalizzazione selvaggia

Come se l’ad di una casa automobilistica chiedesse ad un’altra, di
inventare un modello che possa insidiare la leadership di un altro
marchio. Mettendo a disposizione solo le strutture.
E gli ingegneri, i designer e il marketing, allora, cosa ci stanno a fare?
Intanto, grazie all’esternalizzazione, i costi salgono.
L’Assente Delegato, secondo cui uno vale uno a prescindere dal quanto fa e sa fare, ha praticato un taglio orizzontale del 15 per cento ad autori e artisti.
La strada più facile.

Mega redazioni per mega raccomandati

Ma che dire di mega-redazioni dei contenitori come Uno Mattina o Vita in Diretta, rifugio sicuro di scambi e favori con i potenti di turno?
O dei programmi a doppia o tripla conduzione quando basterebbe
una figura sola?
Impossibile visto che i raccomandati sono più dei programmi?
Indispensabili quei giornalisti e giornaliste esterni, a cui si affidano programmi, magari da chiudere dopo solo una puntata?
Con buona pace del mega esercito di 1700 e rotti giornalisti interni e
delle sedi regionali.
Sedi che prima o poi dovranno essere sostenute anche dalle Regioni.

Contratti dispari autori e conduttori

Perché non prevedere nei contratti di autori e conduttori una parte del compenso legato al raggiungimento di un obiettivo di share?
Altra criticità, la disparità del trattamento contrattuale tra i vari
conduttori. Tema affrontato dalla BBC che si è anche resa colpevole di
licenziare giornalisti pur di far quadrare i conti.
Una disparità alimentata anche dagli agenti che godono di un potere
illimitato.
A fronte di un mercato ricco di competitor ma povero di pubblicità :
Mediaset, Netflix, Amazon, Sky, Discovery, tanto per citarne alcuni.
L’Assente Delegato, Fabrizio Salini, batte cassa.

Ma avendo un secchio che perde, invece di continuare a mettere acqua,
non sarebbe meglio tappare il buco?

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