
«La pacificazione tra le regioni libiche di Tripolitania e Cirenaica sembra sempre più vicina», scrive Roberto Prinzi sul Manifesto. Due giorni fa si sono conclusi Ghadames i lavori del Comitato militare congiunto formato da cinque rappresentanti del Governo di Accordo nazionale di Tripoli e cinque dell’Esercito nazionale libico di Tobruk. Alla fine, «intesa sui termini di attuazione dell’accordo di cessate il fuoco (annunciato lo scorso 23 ottobre) e sul ritorno di tutte le forze militari nelle loro basi». Risultato sorprendete ma reale? La missione Onu in Libia spiega di un ‘sottocomitato militare’ che supervisionerà il ritiro dei gruppi armati e delle milizie straniere dalla linea del fronte.
La città di Sirte (a metà strada da Tripoli e la cirenaica Bengasi) diventerà sede del Comitato congiunto 5+5, mentre quella di Houn del sottocomitato.
I dubbi dell’International Crisis Group, l’Icg. L’Ong con sede a Bruxelles denuncia i termini della tregua «troppo vaghi». Due i problemi principali per l’Icg: «la mancanza di dettagli sul trasferimento delle forze armate di Tripoli e Tobruk e lo smantellamento delle rispettive milizie».
C’è poi la questione dell’ingerenza straniera da risolvere: il ministro della difesa di Tripoli ha già fatto sapere che il cessate il fuoco non si applicherà alla cooperazione militare con l’alleata turca.
Altra importante notizia di queste ore è la visita storica in Egitto del ministro degli Interni di Tripoli. Per la prima volta un alto funzionario di Tripoli è atterrato al Cairo, paese che ha sempre sostenuto la Cirenaica e ha più volte minacciato un intervento armato se le forze tripolitane avessero superato la «linea rossa» di Sirte.
Fathi Bashagha ora al Cairo non è un ministro qualunque: uomo vicino a Turchia e Qatar, è il principale candidato a succedere ad al-Sarraj che dovrebbe lasciare la guida del Gna una volta formato il nuovo governo. L’apertura degli ex nemici pro-Tobruk è nei fatti un riconoscimento del suo ruolo e peso politico.
Secondo il giornale emiratino al-Sharq, Bashagha avrebbe proposto agli egiziani di farsi riconoscere come premier in cambio del suo sostegno ad Aguila Saleh (attuale presidente del parlamento di Tobruk) alla presidenza del Consiglio di Presidenza. Da Bengasi, però, smentiscono qualunque accordo tra Bashagha e governo dell’est.
Smentisce anche la Marina militare italiana la ricostruzione fatta da Repubblica sul sequestro dei 18 marittimi di Mazara del Vallo del primo settembre a largo delle acque di Bengasi.
Il quotidiano aveva scritto ieri che la Marina era vicina ai pescatori, ma «li abbandonò». In una nota la Marina fa sapere che non ha mai avuto contatti con i nostri connazionali e che, una volta acquisita la notizia, non poteva più intervenire «sia per la distanza in gioco che per la dinamica dell’evento»: l’eventuale arrivo di un elicottero italiano «avrebbe innescato un processo ‘escalatorio’». Una sfida militare diretta dalla portata imprevedibile.
Da Bengasi dopo il sequestro erano state lanciate richieste per uno ‘scambio di prigionieri’: i 18 pescatori contro i 4 giovani cittadini libici detenuti in carcere in Sicilia perché condannati per l’affondamento di un barcone partito dalla Libia su cui sono morti 42 migranti africani. I 4 viaggiavano sulla barca e avrebbero contribuito a imprigionare i migranti sottocoperta, bloccando la possibilità di fuga nel momento in cui il barcone affondava.