
La Francia non la pensa così per cui si è aperto un contenzioso sulla spinosa questione del controllo dello stato sulle associazioni islamiche e sulle moschee, che la laica Francia vuole incentivare ma che il Califfo erto a difensore dell’islam non intenderebbe permettere. Macron si è preso pesanti offese personali direttamente da Erdogan e questo come vediamo ha avuto delle immediate conseguenze sui rapporti bilaterali tra i due Paesi ma non solo. Questione spinosa.
Ma dove sta andando la Turchia? Erdogan sta sparigliando le carte un po’ dappertutto ma soprattutto nel Mediterraneo orientale, crogiuolo di gasdotti ed oleodotti di interesse generale.
La marina turca opera da padrona nel “già Mare Nostrum”, ultimamente soprattutto in aree sotto giurisdizione di Grecia e Cipro, e rende difficili le ricerche petrolifere nel mare cipriota. Anche la nostra ENI ne ha sopportato le conseguenze. Ma il Califfo è entrato a piè sospinto anche in Libia scalzando la debole politica italiana.
Molto attivismo quindi, ma c’è una ragione di fondo: Erdogan sta lanciando una campagna all’estero per nascondere all’opinione pubblica nazionale i problemi interni, l’inflazione ai massimi livelli e l’economia in stallo. Vuole accreditarsi agli occhi degli orgogliosi turchi come il rifondatore dell’impero ottomano e caparbiamente sfrutta ogni occasione per ottenere una ribalta utile ai fini della politica interna.
Non contento di essere con proprie forze più o meno regolari in Siria, Libia, Iraq e come detto in tutto il mediterraneo orientale, la Turchia sta ora inserendosi anche nel conflitto del Nagorno-Karabakh, regione sensibile del Caucaso, sede di conflittualità da almeno trent’anni dopo la caduta dell’URSS.
Ma al califfo questo non basta. Dopo aver messo in crisi la NATO acquistando i missili sovietici per la propria difesa aerea – e l’alleanza ma anche la stessa America non hanno battuto ciglio – ora vuole attaccare l’Europa.
Per far questo e sceglie il momento difficile che la Francia, paese di riferimento principale per le problematiche dell’integrazione islamica, sta vivendo dopo la decapitazione del professor Samuel Paty lo scorso 16 ottobre ad opera di un radicalizzato islamista. A testa bassa si intromette nelle questioni interne francese e addirittura Erdogan si è permesso di offendere Macron dichiarandolo bisognoso di cure mentali. Ovviamente la Francia, senza indugio ne alchimie – cosa difficile da capire in altre capitali europee – ha immediatamente richiamato per consultazione il suo ambasciatore ad Ankara. Per di più Macron ha confermato che “il dado era tratto” e che “nulla potrà farlo recedere da questa decisione”. Discorso da statista, senza dubbio.
Ma dietro c’è una motivazione. La Francia sta preparando una legge che restringerà l’influenza della Turchia e dell’Islam nel sistema sociale e scolastico francese. Fuori dalle scelte degli imam e via i docenti turchi dalle scuole. E questo a Erdogan non può piacere perché ridurrà drasticamente l’importanza dell’Islam e della comunità turco-islamica nella società multiculturale transalpina.
L’attacco è comunque a tutta l’Europa, e in particolare ai Paesi che come ad esempio la Germania che ospitano, non dimentichiamolo, nutritissime comunità turche di svariati milioni di cittadini.
Certo la Francia è entrata anch’essa prepotentemente, come la Turchia, nelle questioni mediterranee e mediorientali dove ha rilevanti interessi nazionali ed ora deve giocarsi la partita con un avversario che forse per alcuni aspetti aveva sottovalutato. Ma l’attacco è contro l’Europa, dobbiamo ribadirlo e Parigi nel frangente deve essere sostenuta ,dall’Unione Europea senza esitazioni e dalla NATO. Certo la NATO che nonostante il disimpegno di Trump deve far sentire la sua parola e condannare con parole e fatti le “intemperanze” della Turchia che minano la sua tenuta e la sua coesione peraltro già compromessa dai “bollori” sul fronte dell’Europa orientale.