«Terrorismo colpa del cibo etnico»
«Terrorismo colpa del cibo etnico»: ministro francese con ‘les escargots’ in zucca

Per il ministro degli interni francese, Gerald Darmanin, il comunitarismo islamico, che porta al radicalismo, comincia anche  nei supermercati dove ci sono reparti dedicati al cibo d’origine straniera. Darmanin, che ha sottolineato di parlare a titolo personale, ha attaccato anche le imprese che producono abiti che richiamano altre culture.

Contro il terrorismo via il cibo etnico dai supermercati

Una considerazione del genere ce la si aspetterebbe da un rubicondo signore a petto nudo con le corna finte, in preda ai fumi dell’alcool, mentre invoca Odino a un raduno della corrente celtico-naturista della Lega Nord. Rendersi conto, invece, che a sostenere che il separatismo (si legga islamico) inizi nei reparti dei supermercati dove si trova il cibo etnico, sia il ministro degli interni, fa una certa impressione. Gerald Darmanin, titolare del dicastero più delicato, nel momento in cui la Francia piange il professore decapitato per aver mostrato le vignette di Charlie Hebdo su Maometto, in diretta televisiva ha pensato bene di cominciare la battaglia contro il radicalismo islamico dal cibo di origine straniera nei supermercati. Una realtà, quella dei reparti dedicati a questo tipo di alimenti, che lo ha “sempre scioccato”, ha detto Darmanin e che sarebbe all’origine, ha continuato, della deriva comunitaria che porterebbe poi all’integralismo.

Deriva ministeriale sul cous cous

Succede così che, mentre ci si affanna a cercare negli archivi notizie di persone uccise da una raffica di cous cous o a colpi di datteri, il ministro degli interni riesca a spostare l’attenzione dell’opinione pubblica dalle evidenti negligenze degli organi che lui stesso coordina, emerse nella vicenda del brutale assassinio di cinque giorni fa. Ora partirà il dibattito sul cibo etnico, senza uscita e senza senso, ancor più quando si sta pensando di ridisegnare la cittadinanza in Francia.

Francia bianca a stomaco vuoto

Eppure le parole di Darmanin non sono state scelte a caso e raccontano di una pulsione, ormai irrefrenabile, della Francia “bianca” all’isolamento. Il cibo è sempre stato strumento di pace, di unione, di incontro e conoscenza. Senza l’apporto fondamentale delle cucine di altri paesi, quella francese sarebbe ben poca cosa. Passeggiando per una qualunque città d’oltralpe, si può verificare come i ristoranti “francesi” siano assolutamente minoritari rispetto agli altri e questo non a causa di un’invasione.

Patriottismo a colpi di baghette

Il cibo è, però, anche un mezzo straordinario per mantenere un legame. Chi cucina, molto spesso, cerca di replicare odori e sapori dell’infanzia o del proprio paese. E’ il mezzo più immediato e inclusivo per ritrovarsi e, al tempo stesso, condividere e lasciarsi conoscere. Ma è quel legame a rappresentare, per Darmanin e per la Francia “bianca”, l’origine di tutti i mali, mentre è proprio negandolo che si selezionano i cittadini e si favorisce un comunitarismo nascosto, frustrato e, dunque, pericoloso. Per il ministro degli interni e per buona parte di una destra, ormai senza pudore e complessi, i francesi d’origine straniera (come si dice come irritante ipocrisia) devono rompere ogni legame con le proprie origini, devono assimilarsi, diventare bianchi e assumere nomi più adatti come Jean-Charles o Jean-Henry o una tra le tante variazioni possibili di Jean. Solo che questo potrebbe non bastare, anzi, di certo non basterà, perché per quanto assimilati, non riusciranno mai a essere abbastanza francesi per alcuni francesi.

Vercingetorige peggio di Cesare

Così, mentre a scuola ragazzine figlie di immigrati senegalesi, impareranno a memoria le fantastiche gesta del loro biondissimo avo Vercingetorige, e giovani d’origine algerina celebreranno la presidenza illuminata di quel Mitterand, che fu ministro durante il massacro in Algeria, sulla strada di casa torneranno a essere fermati dalle forze dell’ordine molto più spesso dei loro compagni bianchi, anche con un baguette sotto il braccio, anche con un croissant tra i denti, solo a causa della loro origine. Il problema è, purtroppo, in questa cittadinanza mai completamente realizzata, non certo tra i fornelli.

Contro la ‘nrangheta caccia all’nduja?

Se così fosse, sarebbero i nostri concittadini espatriati a dover cominciare a preoccuparsi di non trovare più la mozzarella, gli spaghetti o il crudo nella loro raffinata e costosissima épicerie di fiducia. Solo un mese fa, una vasta operazione di polizia, ha portato all’arresto di numerosi esponenti della ‘ndrangheta stabilitisi in Costa Azzurra e in stretti rapporti con la criminalità francese, dediti al traffico di stupefacenti e armi da guerra, tra le quali Skorpion e Kalashnikov (che, a differenza dell’hummus di ceci, provocano la morte molto più rapidamente). Chissà se i supermercati potranno continuare a vendere il peperoncino.

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