
Ho sorriso. In quel lampo c’erano le parole sapienti e dolci di Paolo Finzi, il suo raccontare sonoro di Fabrizio De Andrè, le luci e le chiacchiere dopo l’incontro sul libro “Che non si sono poteri buoni – il pensiero (anche) anarchico di De Andrè”, all’alba prima di prendere il treno a Buonconvento. Un’alba delicata e fragile. Che nei ricordi, dopo la scomparsa di Paolo, si è andata delineando come un lungo gentile addio, sul binario deserto, fin quando è arrivato un treno altrettanto deserto, diretto a Siena.
Non ho mai scritto per A Rivista Anarchica. Ma nel cuore serbo questo dialogo come un dono. Paolo: mi piacerebbe scrivessi una cosa per noi. Io: è sempre stato il sogno della mia vita scrivere per A”.
Certe volte il tempo ti sembra infinito. C’è sempre un domani, un nuovo incontro, un’idea della quale discuteremo ancora, un nuovo sentirci al telefono, un abbraccio futuro. Fin quando tutto questo scompare. In un attimo ti rendi conto che il discorso sospeso sul binario di Buonconvento, all’arrivo del treno, non avrà seguito.
Non scriverò mai il mio articolo per A Rivista Anarchica. Anche perché, in quel lampo che ha spalancato la mia giornata in una serie di connessioni, ricordi e dolore, è entrata anche questa informazione: cesseranno le attività di Editrice A. Non ci sarà più quella bella A, pubblicata dal 1971, e per 49 anni legata a Finzi. Lo ha comunicato la redazione in quella mail la cui intestazione mi ha aperto il sorriso. Questa era la volontà di Paolo.
Provo dolore. Sarà una mancanza assurda. L’idea di non avere neanche più le copie da esporre nella terza stanza di Vald’O, per gli spiriti liberi e libertari, mi sembra inaccettabile. Un pezzo di storia che se ne va. Quanti pezzi della nostra storia ci siamo lasciati alle spalle, quanta forza e bellezza abbiamo dimenticato per strada. Quante volte ci siamo resi conto di essere più poveri, meno sapienti, meno coraggiosi. Ma il fatto è che la perdiamo qui e ora, nel presente, come azione fertile per il futuro, come luogo d’incontro-scontro, di polemos, di amore.
Ecco, di amore. E con amore chiudo questo testo dedicato a Paolo, al pezzo mai scritto per A, all’assenza futura e al necessario riprendere la strada della lotta e del pensiero. E alla bellezza di esserci stati, di esserci incontrati.