
Il Consiglio europeo di oggi e domani a Bruxelles, dato come ultimatum per decidere se ‘accordo’ o ‘no deal’. Ma Londra e l’Ue si preparano a darsi altre settimane di tempo per negoziare, tutti mobilitati per scongiurare il ‘no deal’. Compresa Downing Street dello scapigliato e stralunato Boris sempre più nei guai Covid. La trattativa si è inceppata sui diritti di pesca nel post-Brexit e sugli aiuti di Stato che la Gran Bretagna accorderà alle proprie aziende, fattore che le renderebbe più competitive rispetto a quelle europee, scrive Angela Mauro sull’HuffPost. «Ma i leader dell’Unione dovrebbero chiedere al negoziatore europeo Michel Barnier di continuare a negoziare con David Frost. E anche il negoziatore britannico sta consigliando a Boris Johnson di fare lo stesso».
Siamo al ‘penulyimatum’. Da Downing Street hanno pensato bene di ritrattare gli ultimatum che il premier ha lanciato a settembre. Da Londra ora dicono che il Consiglio europeo di metà ottobre non è l’occasione per prendere atto che non c’è accordo. Piuttosto sarà occasione per parlare ancora, e solo dopo i colloqui con gli altri leader Johnson prenderà una decisione. «Tradotto, significa continuare a trattare e cercare di evitare un ‘no deal’ che farebbe male a tutti». «Un accordo commerciale con la Gran Bretagna è nell’interesse di tutti», dice oggi Angela Merkel, da sempre più interessata a cercare un compromesso rispetto a Emmanuel Macron. Il presidente francese rigido sulla questione della pesca, vitale per la categoria in Francia, sembra ammorbidire le posizioni, alle prese com’è della crisi coronavirus grave quasi quanto quella che tra affrontando (male), Boris oltre Manica.
Ed è lo stesso ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian, a prevedere un altri rinvio. La prossima scadenza per l’accordo Brexi’, ‘o la va o la spacca’, potrebbe essere il 15 novembre. «Incognita Johnson? Sembrerebbe di no. A quanto riferiscono fonti britanniche, il premier dovrebbe ascoltare i consigli del suo negoziatore Frost. E la Brexit non scade, nemmeno questa volta. Mentre con la nuova ondata di covid in Europa, Brexit non è più l’epicentro delle preoccupazioni». Ufficialmente ci troviamo nel cosiddetto periodo di transizione. Una fase cominciata lo scorso 31 gennaio, giorno in cui l’ accordo quadro di recesso tra Londra e Bruxelles è entrato in vigore: già da quel momento il Regno Unito non è più membro dell’Unione europea e il periodo di transizione dovrebbe terminare il 31 dicembre di questo infausto 2020.
In caso di no deal, le relazioni commerciali ed economiche tra Regno Unito e Unione europea saranno regolate a partire dal 1° gennaio 2021 sulla base del diritto internazionale e delle norme dell’Organizzazione mondiale del Commercio, il WTO. I tre dossier su cui si litiga: le modalità di accesso del Regno Unito al mercato unico europeo a partire dal 31 dicembre 2020; i diritti di sfruttamento per la pesca delle reciproche acque territoriali; la regolazione del confine tra Irlanda e Irlanda del Nord. Ma il non detto, timore chiave per non rompere, è anche militare. Il Regno Unito seconda potenza NATO, potenza atomica (in Europa assieme alla Francia). Col terrorismo che è lì pronto, che aspetta, e le incognite Cina e Russia, «Londra rimane un alleato che gli Europei preferirebbero avere dalla propria parte, senza riserve», annota Domenico Maria Bruni, docente della Luiss.