Tregua di cartone Azerbaijan Armenia: sul Nagorno Karabakh Russia mediatrice

Tregua al momento ancora formale tra Armenia e Azerbaijan che si stanno scontrando violentemente per il controllo del Nagorno-Karabakh. Cessate il fuoco firmato dopo 10 ore di colloqui e violato dopo 5 minuti. In ballo per ora c’è solo lo scambio di prigionieri e caduti. Secondo l’agenzia France-Presse, sette potenti esplosioni hanno fatto tremare il suolo del martoriato capoluogo del Nagorno-Karabakh. Alcune ore dopo, alle 2 di notte, l’Azerbaigian ha denunciato un attacco missilistico armeno sulla città azera di Ganja con sette civili morti e 33 feriti.
‘Tregua di cartone’ ma era importante fosse anche solo proclamata formalmente, perché la trattativa reale sarà lunga e difficile. L’Osce e la Germania hanno ringraziato Putin. A Washington in questo momento hanno ben altro per la testa che il Caucaso, mentre la Francia chiede per oggi la riunione dell’Eurogruppo.

La Russia a rimediare vecchi guai sovietici

Cinque minuti dopo che la tregua era stata dichiarata già volavano razzi, bombe, missili di tutti i tipi e pallottole a raffica. Evidentemente, ognuno dei contendenti pensa di avere un grande potere contrattuale e di farlo pesare al tavolo dei negoziati. L’Armenia, alleata di fatto della Russia di Putin e anzi ne ospita una base militare imponente. Una base che può essere ritenuta, a tutti gli effetti, territorio russo e che quindi nessuno si può sognare di toccare senza ricevere ritorsioni di peso. Uno scudo che può far dormire al premier Nikol Pashinyan sonni tranquilli. Gli azeri, invece, hanno il petrolio e un altro schermo protettivo formidabile: la mezzaluna dell’Islam. Un simbolo che può essere toccato solo dai più temerari e non senza conseguenze. Per cui, il Ministro degli Esteri del Cremlino, Sergej Lavrov, non ci ha pensato su due volte, e ha organizzato un incontro di quelli che non si scordano. Soprattutto perché la Russia e interessatissima a fare rispettare gli impegni presi. Non si sa come, ma vedrete che ci riuscirà.

Mezzi di pressione russi senza grancassa

D’altro canto, i mezzi di pressione non le mancano, sia militari che commerciali. Negli ultimi anni Putin ha scelto una linea di penetrazione diplomatica senza usare la grancassa, ma facendo leva sui tanti piccoli e grandi benefit da offrire. Gli altri accumulano debiti commerciali paurosi e fanno la voce grossa con discorsi che potevano funzionare cinquant’anni fa. Lui no. Ha capito che la musica è cambiata e si comporta di conseguenza. Organizza i suoi interventi dietro le quinte, senza fare troppo rumore e trovando spesso la porta socchiusa proprio per questa. Sfrutta le debolezze dell’Occidente, tutto preso a farsi una guerra intestina senza pietà pur di racimolare qualche euro in più o qualche dollaro di straforo. D’altro canto, il panorama politico che offre l’Occidente in questo fase della storia è veramente desolante: statisti degni di questo nome non se ne vedono, e molti azzeccagarbugli che sono arrivati a detenere posizioni di potere hanno un solo obiettivo, che è quello di restare, con le terga, attaccati alla poltrona. Costi quel che costi debbono faticosamente guadagnarsi il consenso ogni giorno che passa e per questo spendono, spandono e imbrogliano le carte.

Putin e i vantaggi del despota

Putin, da perfetto autocrate, da Zar in abiti civili, non ha bisogno di ricorrere a questi mezzucci. Lui comanda e basta e anche se si mette la democrazia sotto la suola delle scarpe il risultato è che quando parla mettere tutti in riga. Piaccia o non piaccia per lui la cosa che conta di più e la Santa madre Russia e la capacità di questa nazione grande e terribile ma anche affascinante di soggiogare tutte le altre. Si, tutte le altre. Comprese Stati Uniti e Cina. Gli verrà difficile, ma non impossibile.

AVEVAMO DETTO

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