
«Boris Johnson già fine di un’epoca?». Il Times conservatore è decisamente esagerato a scrivere di ‘Epoca’. Massimo, una breve e convulsa stagione, una mezza stagione di quelle destinate alla scomparsa definitiva. Quanto dura Boris? La domanda non è più tabù, i giornali inglesi ormai ne parlano apertamente. «L’anno prossimo dovrebbe portare un nuovo leader per i conservatori», scrive il quotidiano londinese. «Il primo ministro appare esausto, scrive il giornale pur vicino al centro-destra, i suoi deputati sono ribelli e si avvicina il momento in cui appare «in carica ma non al potere».
«Una traiettoria stupefacente per un leader che lo scorso dicembre aveva condotto il suo partito al più grande trionfo dall’epoca della Thatcher: e che sembrava avere davanti a sé un glorioso decennio», osserva Ippolito. Ma da allora tutto è andato storto. «Sulla Gran Bretagna e sul mondo si è abbattuta la più grave emergenza dalla seconda guerra mondiale, che ha messo a nudo tutti i limiti di Johnson». «Lui era un leader ottimista per tempi solari, non la guida di un Paese che ogni giorno fa la conta dei morti». Epitaffio finale, «Lo stile guascone (e un po’ cialtrone) poco si addice a una pandemia».
Guascone-cialtrone, distratto e confusionario. Ed è stato detto, «lui in fondo voleva ‘essere stato’ premier, non ’essere premier». Stato confusionale aggravato dai problemi personali. Dopo il divorzio sarebbe finito sul lastrico: «e, come fanno notare nel partito, non si era mai visto finora un primo ministro in bancarotta». Poi il gossip attorno alla nuova fidanzata e neo mamma dell’ultimo dei suoi sei figli. Feroce umorismo britannico, qualcuno chiama Boris «il tacchino ripieno che cammina»: pronto per essere apparecchiato per Natale. «Un primo tentativo di deporlo, infatti, potrebbe scattare già prima delle feste».
Candidati alla successione. Il favorito è il Cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak, ministro dell’economia, e sarebbe il primo indiano alla guida di Downing Street. «Ma lui è Bruto, e Bruto non prende il posto di Cesare. Aspettiamo un Augusto che riporti la pace». E rispunta Jeremy Hunt, ex ministro degli Esteri che già aveva sfidato Boris l’anno scorso nella corsa alla leadership. «Il johnsonismo, insomma, è finito prima ancora di nascere: siamo entrati in una lenta agonia che potrebbe trovare il suo esito più presto di quanto non ci si aspetti», la conclusione di Luigi Ippolito.