Sarajevo, 3 ottobre 1993 sul ponte di Vrbanja

Quel maledetto 3 ottobre era domenica e a Sarajevo già faceva un freddo boia. Il ponte Vrbanja sulla Miljacka che scorre attraverso Sarajevo, è ormai diventato fronte di guerra tra la città circondata e in suoi assedianti che sparano dal cimitero ebraico sulle alture. Quella domenica, a lanciare la sua sfida alla follia della guerra, un giovane comasco, Gabriele Moreno Locatelli, che camminando con altri quattro compagni sul ponte voleva unire serbi e bosniaci. Poi i colpi partono dall’arma di un cecchino e Gabriele, pacifista di Canzo, in provincia di Como, muore a Sarajevo.

20 anni dopo, 3 ottobre 2013 a Sarajevo

Oggi la cerimonia di ricordo nella stessa città martire che da allora ha cambiato volto, per fortuna, ma forse e purtroppo anche l’anima plurale che aveva spinto tanti di noi ad amarla. Da oggi, nel quartiere che era oltre la linea del fronte, nella Grbavica allora serba, c’è una strada con un nuovo nome, Ulica Gabrijele Moreno Locatelli. “Gabrijele” scritto alla slava, volontario dei Beati Costruttori di Pace, arriva a Sarajevo per partecipare all’iniziativa internazionale “Mir Sada- Pace ora”. Oggi la memoria di quell’enorme tragedia -100 mila morti- e della solidarietà di Gabriele.

Ulica Gabrijele, Admira e Bosco

Su quello stesso odiato-amato ponte Vrbanja, erano morti, prima di Gabriele, Admira e Bosco. “Romeo e Giulietta di Sarajevo”. Lei, Admira Ismic, era una giovane ragazza musulmana. Lui, Bosko Brkic, era il suo fidanzato serbo. Il loro era un amore che aveva resistito all’odio etnico. Admira e Bosko avevano deciso di fuggire dal macello di Sarajevo. Avevano il lasciapassare per uscire dalla città, ma durante la fuga sotto il ponte Vrbanja furono uccisi da un cecchino. I loro corpi abbracciati sul ponte di Vrbanja furono abbandonati -tragico monito- per otto giorni senza sepoltura.

Tags: ponte Sarajevo
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