
Questo afferma il dizionario di Treccani.it, spiegandoci come la parola influencer, che tanto piace ai grandi e ai piccini, e tanto anima la cultura dei gonzi, sia legata al consumo, quindi alla necessità del marketing di far comprare cose e di conformare comportamenti. Sempre per far credere ai gonzi di cui sopra che la libertà, invece di trovarla nei campi di grano coltivati, si trova nel fare, dire e vestire come i modelli di riferimento.
Già sento i modernisti confutare: è sempre stato così! E allora Carosello, mio caro vetero? Ernesto Calindri in mezzo al traffico col suo Cynar? E Nino Manfredi col caffè che più lo mandi giù e più ti tira su? Ma sì certo, non è che il mondo nasce con Chiara Ferragni e i suoi selfie. Però l’evoluzione del modello fa sì che il consumatore, allenato dai decenni berlusconiani, non coglie il consiglio per gli acquisti, ma accoglie in sé uno stile di vita.
Citando terra terra Wikipedia: “L’influencer viene pagato dagli sponsor per portare avanti (normalmente con video, foto e post sui social network) una dissimulazione della pubblicità stessa, dove i prodotti compaiono all’interno di una recita continua che implicitamente ne suggerisce il loro utilizzo in uno stile di vita di successo senza che questo venga percepito come una reale pubblicità dal target influenzabile. Questo meccanismo ha potenziali di marketing enormi proprio perché raggira la barriera psicologica del consumatore (follower) che non percepisce più quello che gli viene mostrato come in una pubblicità classica, dove invece avrebbe la piena consapevolezza che qualcuno sta cercando di indurlo a pensare, fare o comprare qualcosa, in quanto è ormai assuefatto a tale meccanismo”.
Quindi: raggira la barriera psicologica del consumatore che non ha più lo stimolo a fare o pensare se comprare o meno qualcosa, ma è semplicemente assuefatto al meccanismo. Talmente tanto che l’influencer ha nella società un ruolo sempre più culturale: non aiuta nella vendita del Cynar, fa politica, detta le linee del conformismo del terzo millennio, spiega alle masse quali siano i valori. Non modelli sociali dovuti a sapienza, prodotti dalle lotte contro l’ingiustizia, o per le conoscenze anche pratiche, ma solo per il successo. Per il numero dei clic, per i seguaci dei balletti o dei belletti.
Un mondo triste. Penso al sindaco di Arzachena che, felice immotivatamente, ha ringraziato un influencer del nulla sottovuoto spinto come Gianluca Vacchi per aver fatto un videuccio tatuato-palestrato dei suoi sulla scalinata del paese. Milioni di visualizzazioni, ha gioito. Perché poi il problema è questo: per ogni influencer ci sono milioni di influenzati, quindi di pecore allegre a saltellare verso la tana del lupo. Cloni, con le stesse mossettine, tatuaggi e affini, pronti a replicare acriticamente uno stile di vita impossibile per i follower. E qui si apre un capitolo nuovo, che ci porta lontano…