Omicidio Khashoggi, il regno saudita si fa lo sconto e salva i killer dal patibolo

L’oppositore scannato all’interno del consolato saudita di Istanbul e il corpo fatto a pezzi per farlo sparire. Macelleria mafiosa su ordine regale ad agenti dei servizi segreti di uno stato con tanti amici petroliferi nel mondo. La ‘squadra della morte individuata, foto, nomi dei killer di stato, e la necessità di un processo. Processo farsa appunto. Prima la severità assoluta, come da tradizione del Regno (lì le teste volano), ma prima della esecuzione, la clemenza del mandante. Un po’ di anni di galera, giusta pena per essersi fatti beccare nell’eseguire malamente un ordine di Stato.

Processo farsa e clemenza per i killer

Cinque imputati condannati a vent’anni invece che alla forca. L’Onu: “Verdetto privo di legittimità”. A maggio, la famiglia dell’ex editorialista del Washington Post Jamal Khashoggi aveva dichiarato di «perdonare» i killer, aprendo così la strada a una revisione della condanna a morte inflitta in primo grado a 5 imputati. L’atto era stato accompagnato da forti polemiche per i trasferimenti da parte delle autorità del Regno di denaro e altri beni ai figli del giornalista. In Arabia Saudita gli omicidi vengono condannati con la pena di morte o l’ergastolo. Ma le pene vengono ridotte nel caso che i famigliari delle vittime «perdonino» l’assassino, in cambio generalmente di soldi.

Il perdono ha sempre un prezzo

Ieri i giudici di Riad hanno commutato la pena dei 5 killer già condannati a morte, a 20 anni di prigione, e pene alcora minori per altri tre della ‘squadra macellai’. Preliminare alla vergogna attuale, il ridicolo di ‘primo grado’: a dicembre, il tribunale aveva affermato che l’uccisione non era premeditata, ma eseguita «su impulso del momento». Raptus in trasferta turca in scannatoio consolare.

Per Khashoggi nessun perdono regale

L’omicidio ha definitivamente distrutto la reputazione internazionale del principe ereditario Mohammed bin Salman, nonostante il sostegno interessato del Presidente americano Trump. Il principe ereditario e futuro probabile Re, è stato accusato di aver ordinato personalmente l’omicidio. Lui ha negato, ma ha detto che, in quanto leader de facto dell’Arabia Saudita, ha la responsabilità ultima della morte di Khashoggi. Il processo segreto a Riad (nessun annuncio, nessun testimone al dibattimento), cercava forse di salvare almeno un po’ la faccia del Regno.

‘Parodia della giustizia’

Ma i gruppi per la tutela dei diritti umani lo hanno denunciato come un modo per insabbiare quanto accaduto. «Il verdetto saudita non ha alcuna legittimità legale o morale» per la responsabile Onu per le esecuzioni extragiudiziali, Agnes Callamard, che è stata molto dura, ha parlato di «parodia della giustizia». Le fa eco la fidanzata del giornalista, Hatice Cengiz, che parla della sentenza del tribunale come di una “farsa” aggiungendo che “le autorità saudite hanno chiuso questo fascicolo senza che il mondo sappia la verità su chi è responsabile dell’omicidio di Jamal”.

La pena di morte in Arabia Saudita

La pena di morte in Arabia Saudita come prescritto nella Sharia alla base tutte le leggi del Paese, è applicata in numeri tali da classificare il Regno come il terzo paese boia al mondo dopo Cina e Iran. Sono previsti tre metodi di esecuzione: la crocifissione, la lapidazione e la decapitazione. Il taglio della testa è il sistema più applicato anche se vi sono talvolta crocifissioni e lapidazioni. Le donne possono scegliere di essere giustiziate con un colpo di pistola alla nuca per non essere costrette a scoprire il capo.

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