Brexit, Boris Johnson fa il duro, ’38 giorni per un accordo o usciamo rompendo’- Tra ‘Mercanti in fiera’ e ‘Rischiatutto’

Boris Johnson prova far paura: accordo con l’Ue entro il 15 ottobre altrimenti avanti senza intese e uscita comunque il 31 dicembre anche dal mercato unico e l’unione doganale dell’Ue. «Siamo pronti a qualsiasi eventualità, ma dobbiamo essere certi che la gente sappia che, comunque vada, lasceremo l’Unione europea e il periodo di transizione alla fine dell’anno».

L’ultimo bluf di BoJo: «Pronti a tutto»

Alla vigilia dell’ottavo round di trattative il premier britannico fissa un termine ancora più stringente per chiudere: “38 giorni per accordo sul dopo Brexit. Esito positivo solo se l’Unione Europea rivede le sue posizioni”. Lo riferisce il quotidiano britannico Telegraph. Johnson, annuncia il quotidiano, parlerà domani. Con i colloqui a un punto morto, Johnson ha detto che un accordo sarebbe possibile solo se i negoziatori dell’Unione Europea fossero disposti a «ripensare le loro attuali posizioni». Lui no, lui non le ripensa, o almeno prova a minacciare.

Unione europea, ‘per una volta sii serio’

L’Unione europea, a sua volta, accusa la Gran Bretagna versione Bo-Jo, di non riuscire/volere negoziare seriamente. Utile promemoria dei tempi di questo infinito tormentone ‘Brexit’. La Gran Bretagna ha lasciato l’Ue (ora a 27 Stati) il 31 gennaio scorso, e ci sono voluti tre anni e mezzo da quando il Regno sempre meno unito aveva votato per un pelo l’uscita dall’Ue dopo quattro decenni di appartenenza. La separazione politica si completerà a fine anno con quella economica, oltre il mercato unico e l’unione doganale dell’Ue. A vedere se, senza nuovi accordi, rischia di più e forse ci lascia le penne.

Tariffe e barriere economiche

«Tempesta sulla Manica, il Continente isolato», la nota antica battura ‘Imperiale’ british. Senza un accordo, il 2021 porterà tariffe e altre barriere economiche tra il Regno Unito e il blocco europeo, che è il suo più grande partner commerciale. ‘Continente isolato’ o piuttosto isola tra meri tempestosi? Johnson ha comunque già detto detto che il Paese si «dovrà sforzarsi molto», accordo o non accordo commerciale. Lo scompigliato premier sa cosa già sta pagando la Gran Bretagna dalla scelta separatisti verso la sirena atlantica di Trump, e cerca di mettere le mani avanti.

Boris già un po’ orfano di Donald

Per l’Ue, un accordo deve essere raggiunto prima di novembre per dare tempo alle approvazioni parlamentari e all’esame legale (il diavolo nascosto nei dettagli), prima della scadenza del periodo di transizione. Johnson ha dato una scadenza ancora più breve, dicendo che un accordo deve essere suggellato da un vertice UE previsto per il 15 ottobre. Valutazione politica ufficiosa dal ‘Continente isolato’, un bluff classico stile BoJo che adesso ha grossi problemi in casa, tra crisi economica e l’incubo Covid che in GB riprende a galoppare. Il capo negoziatore britannico David Frost e il suo omologo Michel Barnier si incontreranno a Londra da domani per l’ottavo round di negoziati.

Cervelli in fuga tornano in Italia

Una volta tanto, anziché di cervelli in fuga dall’Italia, scrive del contrario il Messaggero. Che racconta le storie di Veronica Vinciotti, professoresse e ricercatrici in ‘controfuga’ dalla Brunel University London e dalla Loughborough University, ora all’Università di Trento. Dalle loro testimonianze, la Brexit sul mondo universitario e delle professioni sull’isola. L’impatto economico della pandemia che ha visto molte università inglesi dover bloccare le assunzioni e altre importanti voci di spesa. In più la paura Covid, lì molto più temibile oggi. «L’Italia, allo stesso tempo, sta investendo nel cosiddetto ‘rientro dei cervellì’ grazie al quale centri di eccellenza riescono ad attrarre ricercatori e docenti dal Regno Unito e da altri paesi stranieri».

Dopo l’effetto gregge, Covid da paura

Il Regno Unito ha registrato 2.988 nuovi positivi nel bollettino diffuso domenica, per un totale di 347.152 dall’inizio della crisi sanitaria. Si tratta di un aumento significativo rispetto ai casi segnalati sabato – 1.813 – ed è la prima volta che il Paese ha confermato più di 2.000 nuove infezioni da maggio. Il balzo “è preoccupante”, ha ammesso il ministro della Salute britannico Matt Hancock.

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