Territorio Comanche, là dove non vedi i fucili ma i fucili vedono te

Bosnia, o Iraq, o Siria, o Libia, o Afghanistan. Territorio Comanche è più una percezione che un luogo. L’invenzione di questa definizione è del cronista spagnolo Arturo Perez-Reverte. Oggi Reverte fa lo scrittore di successo ma per i giornalisti sul campo esiste sempre il Territorio Comanche,

«là dove non vedi i fucili, ma i fucili vedono te».

Territorio Comanche è quel luogo di guerra dove non sai in partenza chi lo controlla, quali le diverse parti in conflitto e quale la reale posta in gioco. Troppe fazioni, troppi gruppi armati e troppi interessi inconfessabili nel caos di una rivoluzione.

Venti anni fa, nel Far West della Bosnia, il giornalismo italiano ha cresciuto la precedente generazione di reporter di guerra. La mia generazione. Chi di noi è sopravvissuto, ha oggi ceduto il passo ad altri narratori ed altre guerre.

Sepolti anche nella memoria i miei Balcani e i conflitti di allora, oggi prevalgono gli effetti collaterali delle cosiddette “Primavere arabe”, in quel lontano “Far West” tra Africa mediterranea e Asia. Pin 20 anni fa fu Afghanistan.

Avendo frequentato diversi “Territori Comanche”, l’ultimo personale fu Libano 2006 a tre passi dal massacro Siria, so cosa sta accadendo e cosa ancora potrebbe accedere ed ho paura per certe superficiali semplificazioni.

I missili volano alto ma sempre in Territorio Comanche alla fine devi scendere.

Tags: Siria
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