Italia-Libia, amore e odio da più di 100 anni

Relazioni Italia Libia: un insieme di  tasselli, frammenti, “momenti” storici poco noti ma che forse aiutano ad interpretare meglio il presente…  Giuseppe Santomartino, studioso del mondo arabo e della cultura musulmana, in un collage degli oltre 100 anni di rapporti spesso tortuosi e contradditori tra le due sponde del Mare Nostrum

Turchia in Libia, basi militari e non solo

A seguito del recentissimo accordo trilaterale ( Libia- Turchia- Qatar), che includerebbe una concessione della base di Misurata alla Turchia, leggiamo in queste ore vari commenti che, seppure con diverse sfumature, tendono a vedere l’Italia quale principale perdente nell’intera partita. E’ probabilmente prematuro dare giudizi definitivi (ammesso che in storia abbia senso dare giudizi definitivi…), ma forse, almeno per acquisire una adeguata prospettiva storica alla vicenda, non appare inutile ripercorrere alcuni “momenti” della storia delle “strategie” italiane nei confronti della Libia. Beninteso, non si intende qui fornire una sintesi storica di tali relazioni poiché già diffusamente trattati dalla storiografia, ma solo ripercorrere, telegraficamente, alcuni frammenti, “momenti” poco noti ma che forse aiutano a meglio qualificare il travagliato percorso delle  “strategie” italo-libiche e ad  innestarli nel presente.

Cominciamo ovviamente dal 1911, anno dell’impresa coloniale italiana verso la Libia a seguito di un ultimatum all’Impero Ottomano.

1911, Italia coloniale in Libia

In quell’ anno risaltano due “momenti” poco noti… un Benito Mussolini condannato ad un anno di galera per aver organizzato, insieme ad un giovanissimo Pietro Nenni, delle manifestazioni di protesta contro la conquista della Libia da lui bollato quale atto di “imperialismo”. Nello stesso anno l’Associazione Nazionalista, che faceva capo ad Enrico Corradini, pubblica un’analisi “L’Italia in Tripolitania” (all’epoca uno stato chiamato Libia in realtà non esisteva) in cui si legge “I turchi sono assolutamente estranei a Tripoli dove prevalgono gli arabi… che hanno simpatia vivissima per gli Italiani”. Non si quanto questa analisi influì sulle scelte politiche, fatto sta che il governo italiano e gli Stati Maggiori contavano se non sull’appoggio almeno su una neutralità delle tribù libiche, ma i fatti dimostrarono  il contrario in quanto queste manifestarono un chiaro orientamento pro-ottomano e decisamente contro l’Italia, atteggiamento ostile che durò per anni e che portò alla dichiarazione di un Jihad (uno dei più importanti del XX^ secolo) contro il  Regno d’Italia con una guerriglia che di fatto limitò il controllo italiano alla fascia costiera per circa venti anni.

Il Trattato di Losanna

Lo stesso Trattato di Losanna, che pose fine al conflitto, in realtà non sanciva esplicitamente una cessione di piena sovranità all’Italia ma anzi prevedeva ancora un certo ruolo di potere califfale del Sultano sulle popolazioni libiche che in Italia fu interpretato quale puro fatto religioso sottovalutando invece il ruolo politico del Califfo. L’equivoco fu poi in qualche modo “risolto”, ma per altra strada, solo nel 1924 con l’abolizione del Califfato da parte di Ataturk. I testi ideologici dell’Islam Radicale nei decenni successivi hanno sempre considerato tale abolizione del Califfato quale grave sciagura auspicandone il ripristino, auspicio poi purtroppo raccolto dall’ ISIS 90 anni dopo, nel 2014. Tornando alla Libia, fu solo con la cattura e l’impiccagione del leader Omar al Mukhtar (il “Leone del deserto”, reso celebre da un film con Anthony Quinn) nel 1931 che l’ Italia pervenne ad un controllo dell’ intera Libia.

1937, il Duce e la ‘Spada dell’Islam’

Altro momento topico si ebbe nel 1937 in una famosa cerimonia in cui il Duce (che ventisei anni prima si era così energicamente opposto alla conquista della Libia) ricevette la cosiddetta “Spada dell’Islam” (spada in oro ma cesellata per l’occasione da artigiani fiorentini) nell’oasi di Bugara da un leader berbero (ricordiamo che berberi erano anche l’Imperatore romano Settimio Severo ed  uno dei massimi esponenti della cultura occidentale cristiana e cioè Sant’Agostino). Il Duce replicò a tale dono con un famoso discorso in cui, è bene ricordarlo, ribadì che l’ “Italia fascista intende assicurare alle popolazioni musulmane la pace, la giustizia e…il rispetto alle leggi del Profeta (NDR La Shari’ah) e dimostrare la sua simpatia ai Musulmani del mondo intero”. Il Duce, probabilmente senza rendersene pienamente conto, è stato quindi uno dei pochissimi leaders occidentali ad esternare in quei tempi rispetto per l’ideale panislamico.

Italo Balbo governatore  

Merita poi una menzione, perché forse non adeguatamente apprezzata dalla storiografia,  l’azione di Italo Balbo quale Governatore della Libia sia per le opere  (famosa la Via Balbia) sia per aver costruito un raro esempio di positiva coesistenza fra europei cristiani, musulmani ed ebrei in Libia. Ma tale importante opera fu , come sappiamo, interrotta dalla sua morte prematura in circostanze mai del tutto chiarite (abbattimento del suo aereo per errore da parte di una nave italiana). Balbo fra le altre cose creò la Scuola Superiore di Cultura  Islamica e l’Associazione Musulmana del Littorio poiché aveva intuito, prima e forse meglio di altri, le potenziali simpatie e supporto del mondo musulmano verso l’Italia fascista.

Benito Mussolini in Tripoli, with Italo Balbo, Libya,, March 28, 1937.

Asse musulmano Berlino Roma

Sempre negli anni Trenta si andava infatti consolidando un vasto ed articolato fronte nel mondo musulmano favorevole sia all’ Italia che alla Germania su basi prioritariamente anti-britanniche, gli esponenti di tale fronte erano il Gran Mufti di Gerusalemme Al- Husayni ed il leader iracheno Al-Kaylani, oltre a vari segmenti della Fratellanza Musulmana in Egitto. A tale quadro vanno aggiunti due tasselli: una crescente ‘love story’ con lo Yemen che fu uno dei primi paesi a riconoscere l’Impero italiano dopo la conquista dell’Etiopia, ‘love story’ ovviamente sempre osteggiata dalla Gran Bretagna; l’invasione della musulmana Albania. Poco noto, e forse poco capito dallo stesso fascismo, è l’appoggio ideologico offerto a Roma in un importante discorso nel 1932 da uno dei maggiori intellettuali del modernismo islamico: il pakistano Muhammad Iqbal, il quale era anch’ egli spinto da prevalenti sentimenti anti-britannici.

L’Italia e la Germania poi, per una serie di ragioni che non è qui possibile trattare, non riuscirono  durante il conflitto mondiale a sfruttare  le enormi potenzialità, ideologiche prima che militari, di  tale  favorevole ampio  quadro di simpatie e comunanza di interessi col mondo musulmano. Va appena notato che, ma la storia non si fa con i se, questo elemento avrebbe potuto incidere significativamente sull’andamento del conflitto sia in Nord Africa che in Medio  Oriente. E’ comunque indicativo di una storica incapacità italiana di sfruttare le relazioni col mondo islamico a favore dei propri interessi strategici.

Dopoguerra dell’Italia sconfitta

Altro elemento poco noto lo troviamo poi nell’ immediato dopoguerra in cui il futuro della Libia fu oggetto di lunghi ed estenuanti negoziati fra le potenze vincitrici, qui va ricordato il ruolo che ebbe il Ministro degli esteri italiano Conte Sforza che, insieme al collega britannico Bevin, riuscì a portare in dirittura d’arrivo un piano (noto come Piano Bevin-Sforza) che prevedeva una tripartizione della Libia fra Gran Bretagna, Francia ed Italia e che solo per pochissimi voti non fu approvato dall’Assemblea ONU. Questo evento è significativo poiché evidenzia come fosse possibile sostenere posizioni favorevoli all’Italia, seppure potenza sconfitta, sulla base di  stima e credibilità personale a livello internazionale.  

Enrico Mattei prima di Gheddafi

Merita poi nel dopoguerra ricordare la figura di Enrico Mattei, la cui intuizione dell’importanza dei rapporti col mondo musulmano andava al di là del pur importante ambito “petrolifero”. Le divergenze, se non ostilità, di Mattei col Re Idris di Libia erano note e motivate dallo scarso appoggio di Idris alle società petrolifere italiane a favore delle Sette Sorelle. Anche qui quindi troviamo un italiano impegnato ad appoggiare intelligentemente e coraggiosamente gli interessi italiani. L’ incidente aereo in cui morì nel 1962 ha stimolato vari “parallelismi” con la figura di Italo Balbo.

La storia dei rapporti Libia- Italia da Gheddafi ad oggi è stata ampiamente trattata in storiografia e quindi viene qui tralasciata, come si preferisce qui “sorvolare” su alcune autorevoli stime del 2011 che prevedevano la crisi libica risolversi in “poche settimane”.

Il concetto di ‘asabbiyya

Per concludere un cenno ad un importante quanto sottostimato  elemento epistemologico per tutte le vicende libiche:  il concetto di ‘asabbiyya (rilevanza politico-sociale dei vincoli etnici e tribali). Il principale elemento identitario nella storia libica, ma anche di altri paesi,  non è l’appartenenza territoriale o nazionale  ma quella tribale (lo stato-nazione modernamente concepito era peraltro concetto estraneo al MENA essendo nato, spesso con scelte approssimative, solo dopo la caduta dell’Impero Ottomano e la Libia, in particolare, non era mai stata un’entità politico-geografica unitaria). Occorre ricordare che in Libia vi sono tre gruppi etnici principali (arabi, berberi, tuareg) e due minori ( hausa e tebu), articolati su almeno 140 tribù (alcune fonti parlano di più di circa 300) e di cui almeno 30 principali. Analogo discorso, seppure con dati diversi,  andrebbe fatto per il Sahel. Il concetto di ‘asabiyya , e le sue enormi  valenze politico-sociali e conflittuali, è stato profondamente analizzato dallo storico nordafricano Ibn Khaldun già nel XIV^ secolo  e non vi è esperto orientalista che non lo  tenga in debita considerazione.

Geopolitica statocentrica

Un’ analisi anche approssimativa del conflitto libico dal 2011 e della crisi nel Sahel conferma pienamente tali potenti valenze, sorprende quindi che sia in molte autorevoli analisi ovvero iniziative di mediazione esso  venga pressoché totalmente ignorato a favore del classico approccio geopolitico stato-centrico che si limita ad analizzare cioè solo le posizioni di stati (nella fattispecie Turchia, Qatar, Egitto, Italia, Russia, Francia etc) in ordine al dossier Libia. La critica geopolitica , già da qualche decennio con Flint, ha denunciato tale evidente e grossolano limite analitico degli approcci geopolitici stato-centrici a favore invece di approcci che considerino anche i Non-State-Actors (NSA),  appare al riguardo evidente che  la nozione di NSA per il mondo musulmano dovrebbe invece essere declinata in buona parte  riprendendo, anche  senza pagare i diritti d’autore probabilmente decaduti dopo tanti secoli, il concetto di ‘asabiyya di Ibn Khaldun.

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