Pessimo Lukashenko e strani ritorni. ‘Otpor!’ serba, da Milosevic all’Ucraina rivoluzioni a colori assortiti

Occhio e malizia per scoprire dietro l’anonima sigla CANVAS con sede a Belgrado, gli eredi di OTPOR!, il ‘movimento di resistenza’ che anche grazie a molti aiuti è stato protagonista nella sconfitta del presidente serbo Slobodan Milosevic dopo le bombe Nato. Noi abbiamo conosciuto Otpor! in piazza e poi, giornalismo impiccione, anche un po’ di Otpor! nascosta, esportatrice di rivoluzioni, utile da riscoprire assieme alla sua attuale versione ‘CANVAS’, molto meno nota.

Center for Applied Nonviolent Action and Strategies

«CANVAS, il Center for Applied Nonviolent Action and Strategies, CANVAS -loro auto promozione via Internet-, è un’organizzazione educativa che forma attivisti di tutto il mondo nelle strategie e tattiche sulla lotta nonviolenta». Più interessante il dove avrebbero promosso diritti umani e democrazia. «CANVAS ha lavorato con attivisti pro-democrazia di oltre 50 paesi, tra cui Iran, Zimbabwe, Birmania, Venezuela, Ucraina, Georgia, Palestina, Sahara occidentale, Papua occidentale, Eritrea, Bielorussia, Azerbaigian, Tonga, Tunisia ed Egitto». Ad tentare di evitare i naturali sospetti che simile elenco può suscitare, la precisazione che «CANVAS funziona solo in risposta alle richieste di assistenza e offre corsi di formazione gratuiti agli attivisti».

I due eredi di OTPOR!

CANVAS è stata fondata nel 2003 da Srdja Popovic e Slobodan Dinovic. «CANVAS gestisce una rete di formatori e consulenti internazionali con esperienza di movimenti democratici di successo (per la verità, nei Paesi dove dicono di aver operato, di democrazia a noi nota, molto poca). Ed è un’istituzione senza scopo di lucro che si basa esclusivamente su finanziamenti privati (non precisati quali); non ci sono costi per i workshop e il know-how rivoluzionario può essere scaricato gratuitamente da Internet».

Lotta non violenta

Slobodan Djinovic è diventato uno dei co-fondatori del movimento di resistenza serbo OTPOR! mentre era studente alla Facoltà di Ingegneria Meccanica di Belgrado nel 1998. «Nel 2006, Popovic e altri due membri CANVAS – Slobodan Dinovic e Andrej Milivojevic – hanno scritto un libro intitolato Lotta non violenta: 50 punti cruciali, una guida pratica per la lotta nonviolenta». Srdja Popovic è un altro dei fondatori di Otpor! Dopo la rivoluzione, Popovic è stato eletto nell’Assemblea nazionale serba per un mandato.

Ricordi lontani di OTPOR! dietro le quinte

Un Tv7 su RaiUno del dicembre 2004 a firma Ennio Remondino. Il cattivissimo Milosevic in carcere in attesa di morire, e la secessione ufficiale kosovara e un bel po’ si cose oscure di quel capitolo di storia ancora da chiarire. Titolo provocatorio, «Otpor, arancione a stelle e strisce», poi ripreso da molte altre pubblicazioni di carta stampata e tra cui il Manifesto e PeaceLink.

Otpor, arancione a stelle e strisce

«Serbo di Novi Sad, è uno degli «istruttori» che ha allenato la piazza di Kiev contro il regime. Per idealità, dice, ma anche per soldi. I committenti? I governi Usa ed europei. E’ il «consigliere speciale» per l’Ucraina dell’American Freedom House. Accrediti professionali, Milosevic in galera all’Aja, Shevardnadze deposto in Georgia, e ora Yanukovic in Ucraina rovesciato. Tante trasferte e tanti «seminari sulla non violenza» tenuti da un ex colonnello della Cia, per lui e gli altri «trainer». Chi paga?»

Allora l’arancione Ucraina

Non deve essere stato particolarmente difficile per la polizia politica e i servizi segreti ucraini, eredi del mitico Kgb, stargli dietro. Stanko Lazendic non ha il fisico del cospiratore, dell’uomo anonimo che trama nell’ombra nascondendosi. Due metri e qualche centimetro di mancia, vestiti da 110 chili di muscoli, e si nota, soprattutto se a camminargli accanto è un giornalista per così dire, «concentrato». Abbiamo passeggiato e chiacchierato a lungo con Stanko, per le belle strade di Novi Sad, su in Voivodina, al nord della Serbia, quasi in Ungheria. Stanko è un giovane uomo di 31 anni che nella vita ne ha viste molte, a cominciare dalla galera, che ha iniziato a frequentare dall’imporsi del regime di Milosevic. Diciassette arresti non sono male per un semplice leader studentesco, se mai è stato vero che Stanko sia soltanto quello. Stanko non ha potuto essere presente ai festeggiamenti dell’opposizione filo occidentale ucraina sulla piazza di Kiev, che pure ha tanto contribuito a organizzare e a far vincere.

Stanko Lazendic

Stanko Lazendic è stato uno degli «Istruttori», uno dei «Trainers», che ha allenato la piazza arancione ad opporsi e a rovesciare il regime. Un po’ per idealità, sostiene Stanko, ma certo anche per soldi, da buon professionista. Socio fondatore della Ong, l’organizzazione non governativa serba «Centerof not violent resistence», registrata a Belgrado. Per contatti e contratti, vedi il sito Internet. Accrediti professionali, oltre a quello di Slobodan Milosevic che attende in galera la sentenza del Tribunale dell’Aja per crimini di guerra, l’ex presidente georgiano Eduard Shevardnadze, e ora il premier ucraino filo russo Viktor Yanukovic [2004, NdR]. I committenti per queste prestazioni professionali di destabilizzazione più o meno non violenta, sono altrettanto interessanti ma, contravvenendo a tutte le regole giornalistiche, le lasciamo al Gran Finale del Giallo.

Otpor, resistenza

Stanko Lazendic è stato uno dei fondatori del movimento studentesco serbo «Otpor!», che vuol dire Resistenza, ed è da lì che parte tutto. Resistenza popolare e non violenta al regime di Milosevic in quel lontano 1998, quando il despota di Belgrado era ancora equivocamente corteggiato da molte cancellerie occidentali incerte fra l’adottarlo e il fargli guerra. Otpor! nasce allora, ed è probabilmente l’unico erede del vasto movimento democratico di piazza che negli anni precedenti aveva quasi dato la spallata decisiva al potere della famiglia Milosevic. Poi i partiti tradizionali, anche quelli democratici, si erano ingoiate sia la «Rivoluzione dei fischietti» (Inverno `96, `97), sia le speranze di cambiamento.

Forza e satira studentesca e altro

Otpor! rivoluziona la liturgia della politica, con i multicolori delle bandiere, nelle parole d’ordine, nella leadership collettiva, nella musica sparata in piazza a tutto volume, e nel costante sberleffo al potere. L’anima slava sepolta sino allora nell’auto commiserazione, ne approfitta per ritirare fuori la prorompente carica d’ironia e l’amara irriverenza. Ce l’avrebbero fatta da soli e prima e meglio, quelli di Otpor!, con tutto il popolo serbo, se qualche stratega di Washington non avesse già deciso, in quella metà del 1998, che Milosevic serviva per collaudare la forza militare della Nato come guardiano del fronte Est dell’Impero.

‘Guerra lampo’ durata 3 mesi e gli strani istruttori di Stanko

Due le cose interessanti che riesco ad ottenere dalla memoria di Stanko: il nome di almeno un «docente» e le molte sigle di chi pagava i conti di quelle trasferte di «studio». Nel marzo del 2000, uno dei docenti di Stanko all’Hilton di Budapest, fu un certo Robert Helvi, già colonnello della Cia, operativo a Rangoon e Burma. L’Ex colonnello Cia (esiste un «ex» in qualsiasi Servizio segreto?), aveva illustrato i 500 modi «non violenti» per destabilizzare un regime autoritario. In pratica una rilettura del libro di Gin Sharp, «Dalla dittatura alla democrazia», che resta dal lontano 1970 il testo base per ogni movimento anticomunista che si rispetti, tecnica del Colpo di Stato col Guanto di Velluto.

L’allora premier ucraina Julija Tymošenko nata dalla ‘rivoluzione arancione’

Chi pagava (almeno allora?)

«Che il conferenziere fosse uno della Cia», insiste Stanko, «nessuno di noi allora lo sospettava». Ma chi pagava quel seminario a Budapest? Chiedo. «Quel seminario fu promosso, mi sembra, dalla Us Aid». Lo sguardo che riceve in cambio, induce Stanko ad una giustificazione non richiesta. «Noi non siamo della Cia, né lavoriamo per la Cia. Se così fosse, guadagneremmo molto, molto di più dei pochi soldi che riceviamo. Una miseria per i rischi che corriamo».

Sostenitori decisamente di parte

Quanti siano «pochi» i soldi che pagano le loro originali prestazioni professionali, Stanko Lazerdic non ce lo dice. In compenso ci racconta dei suoi committenti: ovviamente le organizzazioni giovanili dei diversi paesi coinvolti. Tutto indipendente e tutto trasparente, secondo lui. Ma chi paga il conto dei vostri «pochi soldi»? «A volte le organizzazioni studentesche, a volte direttamente i loro finanziatori». Risalendo lungo la catena della solidarietà anti despota ex comunista e anti occidentale, arriviamo finalmente ai nomi. La generosità democratica in Serbia, Ucraina, Georgia eccetera, ci dice Stanko Lazendic, esce dai conti correnti di Us Aid, l’organizzazione governativa statunitense, o dall’Iri, l’Istituto Internazionale Repubblicano (il partito di Bush), o dal suo gemello Democratico (Ndi), o dalla fondazione Soros, o dalla Freedom House, o dalle tedesche «Friedrich Ebert» e «Konrad Adenauer», o dalla britannica «Westminster».

Filiazioni Otpor

Le trasferte di Stanko in Ucraina, da agosto a settembre, per esempio, è stata pagata prima dalla Westminster britannica e poi dall’American Freedom House di cui è «consigliere speciale» per l’Ucraina. In Georgia, contro Shevarndnadze, pagava Soros. La serba Otpor! in formato esportazione partorisce così «Kmara» (Basta) a Tbilisi, e «Pora» a Kiev.

E già nel 2004 compare la Bielorussia

Prossimi impegni professionali, Stanko? «Vedremo. Dopo gli ottimi risultati ottenuti in Serbia, Georgia e Ucraina, spero che avremo altri contratti. Stiamo già lavorando un po’ in Bielorussia e siamo in corrispondenza con l’Azerbaijan. Vedremo». Già. Anche noi sicuramente vedremo.

OGGI, 2020 perché questa pubblicazione

Nessun favore da parte nostra al pessimo Lukashenko, sia chiaro. L’auspicio di Remocontro per un cambio dei vertici di una Bielorossia migliore per i suoi cittadini spero risulti trasparente. Ma alcune cose di cui noi siamo venuti a conoscenza ieri e oggi, crediamo dovessero essere raccontate, perché il nasconderle non aiuterebbe certo a trovare la sempre difficile strada verso una decente democrazia i cui percorsi non sono sempre netti e limpidi.

Tags: Bielorussia
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