
«Il presidente Trump è ormai lo sceicco degli Emirati uniti d’America, di un Paese che in politica estera è più incline a fare patti con le monarchie del Golfo, i suoi maggiori clienti di armamenti, che con un Occidente atlantista (Nato) in via di disgregazione con la deriva della Turchia, e un’Unione europea sempre meno protagonista anche nel Mediterraneo», il commento pungente e acuto di Alberto Negri sul Manifesto. Ma lo sceicco a forza di prepotenze per giunta maleducate e rozze, ora raccoglie tempesta. Vedi lo schiaffo dal Consiglio di sicurezza Onu sull’embargo armi all’Iran, l’anti nemico dopo la Cina. E bene dice l’ex presidente Obama suo molto discusso successore: «Trump si non prende colpa di niente e rivendica i meriti di tutto». Irresponsabile e bugiardo, la sintesi.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non ha approvato una risoluzione proposta dagli Stati Uniti per estendere l’embargo sulle armi all’Iran, che scade a ottobre. Solo due Paesi hanno votato a favore, altri due si sono detti contrari e undici si sono astenuti: quindi il testo non ha ottenuto il minimo richiesto di nove voti favorevoli per la sua approvazione. Immediata la reazione degli Stati Uniti che, attraverso il segretario di Stato, Mike Pompeo, hanno parlato di fallimento “imperdonabile”. Ma Pompeo ha ribadito che gli Stati Uniti «non abbandoneranno mai i loro amici nella regione», ed assomiglia molto ad una minaccia. E siamo ad Israele ed Emirati e all’esaltato ‘accordo di Pace’ di una guerra che non c’è mai stata.
La seconda parte del programma di Trump e Israele riepilogata da Negri: «rimettere in discussione all’Onu la missione Unifil se non neutralizza gli Hezbollah, imporre all’Iran l’embargo sulle armi convenzionali in via di scadenza (e qui gli è andata male), trovare un governo amico in Libano foraggiato dal Golfo, contenere la Turchia». Memoria storica attenta. Dal ‘coreografico viaggio in Arabia saudita’ -inizio presidenza- per incassare 100 miliardi di dollari dal ‘principe assassino Mohammed bin Salman’ (il mandante dell’uccisione del giornalista Jamal Khashoggi), e a fine mandato «un accordo tra Israele e gli Emirati di Bin Zayed – stato stragista in Yemen- che sancisce quasi ufficialmente la nascita di una Nato araba a trazione ebraica».
Con gli Emirati il paravento per il prossimo del riconoscimento di Israele da parte del Regni di Arabia saudita, inventato da Roosevelt nel 1945 ancora prima della fine della seconda guerra mondiale. Da allora tutta la politica Usa (sui due fronti) ad accogliere donazioni in petrodollari. E il mondo arabo senza petrolio a succhiare dalle stesse mammelle. «E’ ovvio che non si tratta di una pace tra popoli ma con élite arabe che devono in primo luogo temere i movimenti fondamentalisti come i Fratelli Musulmani e altri ancora più integralisti che hanno sostenuto negli anni per portar la guerra in casa d’altri come accaduto in Siria e Iraq –il severo Negri-. Altro che patto di Abramo come lo definisce Trump».
“Nato araba” che si oppone agli sciiti ma anche alla Turchia di Erdogan, membro della vecchia Nato sempre meno amico dell’Occidente che sta allungando le mani sul Mediterraneo orientale e la Libia. «Di questa Nato araba fanno parte gli stati amici degli Usa, le ricche monarchie del Golfo come Emirati, Arabia Saudita e l’Egitto del generale Al Sisi, le cui forze armate sono finanziate dagli Usa». Poi la seconda parte del piano Trump Israele letta da Alberto Negri. «Rimettere in discussione all’Onu la missione Unifil se non neutralizza gli Hezbollah, imporre all’Iran l’embargo sulle armi convenzionali in via di scadenza, trovare un governo amico in Libano foraggiato dal Golfo, contenere la Turchia. C’è la “pace” dello sceicco Trump, cosa si può volere di più?
«Non c’è alcuna possibilità che un vaccino per il Covid sia sviluppato e distribuito da qui alle elezioni». Preoccupato l’ex presidente per i trucchi e le forzature che si debbono temere dal personaggio che gli è succeduto. Esempio la polemica sul voto per posta montata da Trump che ora boicotta le poste. Poi la carognata già tentata contro l’afro americano Obama e ora sulla presunta ineleggibilità di Kamala Harris, la prima donna americana candidata alla vicepresidenza, di padre giamaicano e madre di origini indiane. Donald Trump non accusa la senatrice direttamente: si tiene però alla larga dal respingere e smentire la teoria del complotto in circolazione in ambienti della destra suprematista bianca.