
La quasi guerra tra Turchia e Grecia dopo la collisione tra due navi militari il 12 luglio nelle acque a est dell’isola di Rodi trapelato da poche ore. Secondo la versione turca, la fregata greca ha compiuto una manovra di disturbo nei confronti della nave da esplorazione turca Oruc Reis, impegnata in attività di ‘prospezione energetica’ all’ interno della ‘Zona economica esclusiva’ greca non riconosciuta da Ankara. L’intervento della fregata turca Kemal Reis, di scorta alla Oruc Reis, ha portato al contatto tra le due unità e al danneggiamento delle due navi.
Versione turca, la nave greca costretta a ritirarsi. Secondo il giornale greco Ekathimerini, collisione dovuta ad un errore di manovra della nave turca che avrebbe riportato i danni maggiori.
Il presidente turco Erdogan, ha definito l’incidente come una risposta alla minaccia della Marina greca. «Lo avevamo detto, se ci attaccano pagheranno un prezzo altissimo. Oggi hanno avuto la prima risposta», ha commentato. Fonti diplomatiche greche sostengono tuttavia che la rivendicazione di Erdogan serva solo a giustificare gli «ingenti danni riportati dalla nave turca».
L’incidente comunque grave tra due Paesi parte della stessa alleanza militare è finito nell’imbarazzato silenzio Nato, in attesa forse che i generali tornino dalla ferie. L’Ue, distratta per oltre un mese, cerca di riscattarsi con un vertice esteri di ferragosto, ma è la Francia, con decisione autonoma e vantaggi suoi, la prima muoversi. Lo avevamo segnalato ieri con Renato Scarfi.(https://www.remocontro.it/2020/08/14/le-prepotenze-navali-turche-nel-mediterraneo-la-francia-e-la-flotta-italiana-dove/) E il presidente Macron, ha mobilitato navi militari e cacciabombardieri nel Mediterraneo Orientale a diretto sostegno di Atene.
Ieri due Mirage 2000, la fregata Lafayette e la portaelicotteri da assalto anfibio Tonnere hanno effettuato manovre militari congiunte con le fregate greche al largo dell’isola di Creta.
Si tratta di “una riaffermazione da parte della Francia dell’attaccamento alla libertà di navigazione ed al rispetto del diritto internazionale” ha detto il ministro della Difesa francese Florence Parly.
A Bruxelles -assente il comando Nato – è stato convocato un Consiglio degli Affari esteri straordinario dell’Unione per affrontare le tensioni tra Atene ed Ankara nel Mediterraneo orientale. Ma la tensione resta soprattutto militare. Pentagono infastidito per l’atto di forza francese che supplisce ai silenzi dei vertimi militari tutti americani della Alleanza. Grecia e Turchia sul fonte del petrolio, ma soprattutto Turchia e Francia su fronti opposti, «su quasi tutte le criticità nel Mediterraneo, dalla Libia alla Siria e al Libano», sottolinea Mariano Giustino sull’UffPost.
Erdoğan accusa Macron di mettere in scena una esibizione di forza nel Mediterraneo orientale e lo avverte che «non è consigliabile avere un atteggiamento ostile nei confronti della Turchia». Minaccia e blandizia. «Non è in sintonia con lo spirito dell’Alleanza dal momento che un alleato che non ha legami con la regione rafforzi la sua presenza militare nel Mediterraneo orientale», ha detto il presidente turco.
L’Eliseo: «Il passo unilaterale della Turchia sull’esplorazione petrolifera provoca tensioni, ma queste devono terminare per consentire un dialogo pacifico tra i vicini e tra gli alleati all’interno della NATO».
La posizione di Erdoğan sulle Zee (Zone economiche esclusive) è contestata da Grecia, Cipro, Egitto, Israele, Francia e Arabia Saudita. Anche Mosca non sembra disponibile a sostenere la Turchia in questa sua ennesima prova di forza.
La scoperta negli ultimi anni di vasti giacimenti di gas nel Mediterraneo orientale ha stuzzicato l’appetito di tutti i paesi rivieraschi e ha acuito le annose tensioni esistenti tra Turchia e Grecia. L’accordo tra Turchia e Libia, contestato da tutti, ha accesso la miccia.
Contromossa greca, un accordo con l’Egitto sui rispettivi confini marittimi che si sovrappongono a quelli stabilite dall’accordo turco-libico. E ora la Turchia lamenta anche di essere esclusa dal Forum del gas del Mediterraneo orientale (East Med Gas Forum) istituito il 16 gennaio 2020 al Cairo, una sorta di OPEC del gas nel Mediterraneo di cui fa parte Egitto, Grecia, Cipro, Italia, Israele, Giordania e Amministrazione palestinese.
Ma il campo di crisi si allarga anche all’accordo Israele Emirati arabi sponsorizzato dagli Stati Uniti e vantato a gran voce da Trump. «La Turchia ha mostrato molta irritazione per la notizia, ritenuta storica, che il suo arcinemico regionale, gli Emirati Arabi Uniti (EAU), hanno stabilito legami diplomatici con Israele», rileva Mariano Giustino. «E ora Ankara pensa di sospendere i rapporti diplomatici con Abu Dhabi dopo l’accordo tra Israele ed Emirati Arabi Uniti ritirando l’ambasciatore dalla capitale emiratina. Vi sono ormai molti punti di grave criticità tra i due paesi».
Ed il mar Mediterraneo, ridotto dalla piccola politica a semplice strumento di transito per migranti clandestini, torna ad assumere tutta la sua portata economico strategica che gli viene dalla storia, che ignoranza ed occhi strabici non sono riusciti finora a vedere.
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