
La Tunisia è da qualche mese il primo paese di provenienza degli sbarchi illegali in Italia, superando il 35% del totale. Da gennaio 2020 al 26 luglio sono stati 12.228 i migranti approdati in Italia e 4.354 hanno dichiarato di essere tunisini mentre 883 di altre nazionalità sono partiti da quelle coste. «La Tunisia è uno dei pochi Stati con cui l’Italia ha un accordo di rimpatrio che, tuttavia, funziona a rilento e l’accelerazione non è dietro l’angolo, vista la situazione altamente instabile che sta vivendo il paese», spiega Adriana Pollice sul Manifesto.
Tunisi è la capitale di un Paese allo stremo, da cui molti vogliono partire, destinazione Europa. Prima destinazione Italia. «Qui c’è il rischio di un esodo tale da ricordare quello dall’Albania del 1991, un problema serissimo da affrontare a livello di Governo» dicono dirigenti del Viminale, che vedono crescere i numeri degli sbarchi giorno dopo giorno, dal Paese che può vedere Lampedusa dalle sue coste e può raggiungerle in un paio d’ore di gommone. Lamorgese chiede controlli e promette l’impegno italiano per investimenti europei in Tunisia per stimolare l’occupazione interna, perché «in Italia questi ragazzi non hanno prospettive occupazionali».
Le guerre che si combattono in Libia destabilizzatrici di tutto il Nord Africa, con riflessi politici interni anche in Tunisia, dunque. Poi la gravissima crisi economica. Il presidente tunisino ha detto chiaramente che i flussi si fermano solo con il sostegno economico interno: «È necessario individuare un nuovo approccio contro l’immigrazione illegale», la dichiarazione ufficiale. «Le soluzioni della sicurezza non sono sufficienti a contrastare il traffico di esseri umani. È innanzitutto una questione umanitaria. Consentire la sopravvivenza dei migranti nei loro paesi è una responsabilità collettiva e la soluzione risiede nella cooperazione».
Italia pronta a sostenere investimenti per accelerare la ripresa economica in Tunisia, «Ma bisogna che il paese fermi le partenze». Non solo migranti illegali da accogliere ma la minaccia Covid. «Specialmente con il Covid-19 questi flussi incontrollati creano problemi di sicurezza sanitaria che si riverberano sulle comunità locali interessate dai centri di accoglienza, dai quali i migranti tunisini cercano di allontanarsi in ogni modo prima del termine della quarantena». Sostegno italiano nell’attività di sorveglianza delle imbarcazioni dei trafficanti. Assieme a uno sveltimento delle operazioni settimanali di rimpatrio dall’Italia, riprese solo dopo il lockdown.
Hammamet, Sfax, Cartagine, Djerba, Tunisi, nomi noti e mete apprezzate da molti europei in vacanza, italiani in testa, che il Covid ha bloccato a casa loro. La pandemia ha provocato la chiusura di gran parte delle infrastrutture turistiche, e tutti quelli che lavoravano nel comparto sono senza impiego e vanno via. «L’Italia ha promesso di accelerare i progetti avviati da Farnesina, Viminale, Mise, Mit e si è impegnata a fare la voce grossa in Ue per spingere nuovi programmi di sviluppo. D’altro canto, in Italia pure non c’è lavoro. Sui rimpatri, tema a cui il Viminale tiene molto, c’è l’impegno a intensificarli ma sarà tema per il prossimo governo tunisino».