
Romania – Il Paese più colpito nella regione resta la Romania, dove nelle ultime 24 ore si sono registrati 767 contagi e 17 decessi, che hanno portato i totali a 37.458 e 2.026. Nel Paese è stato chiuso uno stabilimento di lavorazione della carne dopo che 93 dipendenti sono risultati positivi al covid-19.
Serbia – Si mantiene alta la curva dei contagi anche in Serbia con 396 nuovi casi nelle 24 ore, per un totale di 20.894. Altri 11 decessi hanno portato a 472 il numero delle vittime. Sono 187 ad oggi i pazienti in terapia intensiva.
Macedonia del Nord – In Macedonia nelle 24 ore sono stati 127 i nuovi contagi, con il totale salito a 9.153. Vi sono stati altri otto decessi che portano a 422 il totale dei morti dall’inizio dell’epidemia.
Montenegro – In sensibile aumento i contagi anche in Montenegro, che il mese scorso aveva dichiarato la fine dell’epidemia dopo un mese di zero casi e zero contagi. Nelle 24 ore le nuove infezioni sono state 116, due le vittime, che portano a 23 il totale dei morti nella nuova fase epidemica, mentre i casi attivi sono 1.771.
Croazia – Anche in Croazia i casi sono in netto aumento rispetto al mese scorso, 92 nelle ultime 24 ore, per un totale di 4.345, i morti sono stati finora 120.
Slovenia – In Slovenia, che era stata anch’essa sul punto di dichiarare la fine dell’epidemia, si è registrato un nuovo decesso dopo oltre un mese e mezzo. I morti sono stati finora 112. Da ieri i positivi sono stati sei, in totale 1.946. I pazienti in ospedale sono 18.
Kosovo e Bosnia Erzegovina – La curva dei contagi è in crescita da alcune settimane anche in Kosovo e Bosnia-Erzegovina, Paesi che insieme a Serbia, Montenegro e Macedonia del Nord sono stati inseriti dal ministero della salute nella lista dei Paesi i cui ingressi sono vietati in Italia fino alla fine di luglio.
I medici chiedono quindi che venga formato un nuovo Comitato di crisi, che si faccia chiarezza sui contagi, che in molti ritengono ritoccati, e che si “ponga fine alla politicizzazione e alle intimidazioni che danneggiano la dignità del personale sanitario”. I medici insistono su fatto che “è loro obbligo morale e professionale mostrare la serietà della situazione i cui si trovano”. L’obiettivo principale di questo gruppo di medici e lavoratori del sistema sanitario serbo e proprio quello di riportare la fiducia delle persone nel sistema sanitario, sapere in che condizioni lavorano medici e infermieri, al di là dei messaggi propagandistici emessi dal governo e dal presidente Aleksandar Vučić.
“Il brusco allentamento delle misure anti-epidemiche nel periodo pre-elettorale (raduni, partite, tornei, festeggiamenti, ecc.) ha portato a una perdita di controllo della situazione epidemiologica, e ciò non può in alcun modo essere giustificato da motivazioni professionali. La confusione relativa al numero di malati e deceduti è stata causata dal disaccordo sulle statistiche epidemiologiche, dalla mancanza di conoscenza del lavoro quotidiano dei medici e da dichiarazioni contraddittorie in pubblico. Tutto ciò ha scosso seriamente il sistema sanitario e ha minato la fiducia sia dei cittadini che degli operatori sanitari. Per questo motivo, vogliamo prendere nettamente le distanze dal Comitato di crisi per la lotta contro il Covid-19”, si legge nella lettera.
Prendendo nettamente le distanze dall’operato del governo e dal Comitato di crisi che gestisce la comunicazione e le operazioni relative all’epidemia, il gruppo di 350 medici chiede che lo stesso Comitato si assuma le proprie responsabilità e venga sostituito, che venga avviata un’indagine indipendente sui dati ufficiali dell’epidemia in Serbia e sull’eventuale loro falsificazione. Invita infine il governo a reagire velocemente per far fronte alla drammatica situazione, e la popolazione a rispettare le misure di contenimento dell’epidemia.