
L’Europa riprende il suo cammino di coesione e solidarietà che aveva abbandonato da tempo. Lo fa mettendo in campo a favore delle economie colpite dalla crisi sanitaria grandi risorse finanziarie da reperire sul mercato dei capitali a costi irrisori. Lo fa principalmente emettendo per la prima volta debito comune per finanziare programmi di sviluppo. Insomma, se non si chiamano innominabili “eurobonds” (come in Italia sembra innominabile il MES), la sostanza e quella. Ci auguriamo che sia questo il primo passo di una riforma delle istituzioni europee ed il rilancio di un cammino comune di cui da tempo l’Europa sentiva il bisogno.
La considerazione più tipicamente italiana è che, con questi 209 miliardi deliberati, il nostro Paese riceve un impulso di inusitate proporzioni. Lo riceve la nostra economia, con prospettive di investimenti di cui abbiamo estremo bisogno, ma che fino a ieri ce li sognavamo soltanto, viste le precarie condizioni della nostra finanza pubblica.
Come d’abitudine ormai, l’accordo è stato salutato in Italia con i soliti toni da tifoseria calcistica: “ha vinto Conte. Abbiamo asfaltato l’Olanda”! Non è così. Si è fatta valere una squadra che comprendeva il presidente del Consiglio, il ministro dell’Economia, il ministro per i rapporti con l’Europa, il commissario italiano, il presidente del parlamento europeo. Tutti hanno lavorato, insieme con la nostra diplomazia, per portare a casa il risultato. E quando l’Italia muove i suoi talenti, gli effetti si vedono.
In Italia alcuni hanno gridato allo scandalo, additando le vituperate “condizionalità”. Intanto, la delegazione italiana è riuscita a far passare, grazie al lavoro certosino del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, la regia dei programmi e dei finanziamenti in capo alla Commissione, e non ai singoli Paesi, nonché la decisione a maggioranza in caso di scostamento dalle linee programmatiche, e non all’unanimità come richiesto avventatamente dall’Olanda. Cosa che avrebbe potuto bloccare un processo che richiede invece tempi rapidi.
Condizionalità, verifiche, progetti, riforme: sono cose che, a conti fatti, fanno bene al nostro Paese, visto l’andazzo contemporaneo. All’estero ci conoscono bene. Sanno di corruzione diffusa, connivenze tra certa politica e criminalità organizzata, spese e dissipazioni clientelari, linee operative farraginose, una giustizia che è una autentica palla al piede del sistema economico. Se riusciamo a migliorare e superare tutto questo, dovendone rispondere all’Europa, parte del lavoro è fatto. E non siamo tanto sicuri che si sarebbe mai iniziato a fare senza lo stimolo europeo.
Sul cammino avviato c’è un altro ostacolo: la progettualità, la capacità di proposta. Se nell’emergenza, lo spirito italico emerge, nella ordinaria amministrazione ci impantaniamo. Per dire, ci sono ancora 38 miliardi dei fondi di coesione iscritti al bilancio ordinario dell’Unione, di pertinenza dell’Italia, che sono disponibili, ma che non vengono impiegati: non sono stati presentati i relativi progetti. Carenze delle nostre strutture tecniche, ignavia, scarsa capacità decisionale? Non sappiamo. Eppure è lo stesso importo del Mes-covid che tanto ha patologicamente acceso il dibattito politico e che, per inciso, faremmo bene ad utilizzare. Più oggi che domani.
I tempi: economia e finanza non aspettano, hanno bisogno di correre. L’episodio appena citato non fa propendere per l’ottimismo, ma sembra che il governo italiano si stia attrezzando per presentare un piano complessivo alla Commissione entro ottobre. Speriamo bene. Certo, la maldestra nazionalizzazione di Autostrade, il bando per l’acquisto di tre milioni di banchi scolastici singoli ad un costo di tre miliardi (quando esisterebbero soluzioni molto più rapide e di gran lunga meno costose), il caso Alitalia, sono segnali che non spingono all’ottimismo. Questa, però, è l’occasione per cambiare finalmente registro.
Ma queste sono solo riserve di tipo tecnico. Di certo c’è che da ieri l’«Inno alla gioia» e «Fratelli d’Italia», insieme con il vessillo stellato a fondo blu ed il tricolore hanno molti motivi in più per ritrovarsi insieme.