E se il virus in debito con Trump restituisse un rinvio di elezioni ora perdenti?

La pandemia resa massacro dalle follie di Trump potrebbe fornire il pretesto per rinviare le elezioni, o fare in modo che votino meno americani possibile. «L’unica speranza dei repubblicani è un’affluenza alle urne scarsa, in particolare negli stati chiave come Ohio, Pennsylvania, Florida».

Attenti che tutto il peggio è ancora possibile

«Trump sa benissimo che oggi Joe Biden gode di un vantaggio insormontabile nelle intenzioni di voto degli americani: i sondaggi variano ma in media registrano un 51% di elettori decisi a sostenerlo, contro un 37% di sostenitori del presidente», scrive Fabrizio Tenello sul Manifesto. Un vantaggio interamente dovuto alla disastrosa incompetenza con cui Trump ha affrontato la pandemia Covid-19, che due giorni fa registrava  75.000 casi in più rispetto a venerdì, portando il totale delle vittime a oltre 141.000.

«Ma proprio la pandemia potrebbe fornire il pretesto per rinviare le elezioni, o fare in modo che votino meno americani possibile: l’unica speranza dei repubblicani è un’affluenza alle urne scarsa, in particolare negli stati chiave come Ohio, Pennsylvania, Florida».

La data del voto è fissata per legge, quindi occorrerebbe una decisione del Congresso per modificarla ma non sarebbe la prima volta nella storia degli Stati Uniti che i presidenti si arrogano poteri che non hanno, in nome dell’emergenza, usando gli Executive Orders.

Più che legittimo sospetto tra i dem

«Tra i democratici, comincia a circolare il sospetto che l’inerzia della Casa Bianca e dei governatori repubblicani di fronte alle devastazioni portate dal Covid-19 sia il pretesto da usare in novembre per salvare una presidenza condannata».

Se si votasse oggi, i democratici vincerebbero largamente: gli esperti attribuiscono a Biden da un minimo di 268 voti elettorali (sui 270 necessari per essere eletto) a un massimo di 332.

E si dovrebbe votare non solo per il Presidente ma anche per la Camera, un terzo del Senato e per vari governatori. Una legge del 1845 stabilisce che si vota «il primo martedì che segue il primo lunedì di novembre». Una bizzarra formula scelta dal Congresso di un paese allora agrario per non disturbare i raccolti estivi ed evitare gli spostamenti quando il freddo iniziava a mordere davvero-

Ma ci saranno davvero le elezioni americane il 3 novembre?

Dunque negli Stati Uniti si vota in un giorno lavorativo (questa volta il 3 novembre). «Anche in condizioni normali, negli Stati Uniti votare è meno facile che in Europa (per esempio, la registrazione sulle liste elettorali non è automatica) e quest’anno è arrivata la pandemia». Nelle scorse settimane alle primarie,  code di centinaia di metri e attese di ore per accedere ai pochi seggi aperti. Molti stati permettono il voto per posta ed è novità assoluta e incognita assieme.

La vera incognita, però, è se un presidente di minoranza, detestato dalla maggioranza degli americani ma sostenuto da una base di fedeli che nulla sembra scalfire, «permetterà» che si voti il 3 novembre.

Pandemia condanna e pretesto

E proprio la pandemia potrebbe fornire il pretesto per rinviare le elezioni. La data del voto è fissata per legge, quindi occorrerebbe una decisione del Congresso per modificarla ma non sarebbe la prima volta nella storia degli Stati Uniti che i presidenti si arrogano poteri che non hanno, in nome dell’emergenza, usando gli Executive Orders.

E tra i democratici, comincia a circolare il sospetto che l’inerzia della Casa Bianca e dei governatori repubblicani di fronte alle devastazioni portate dal Covid-19 sia il pretesto da usare in novembre per salvare una presidenza condannata.

Se si votasse oggi, i democratici vincerebbero largamente: gli esperti attribuiscono a Biden da un minimo di 268 voti elettorali (sui 270 necessari per essere eletto) a un massimo di 332.

Distorsioni elettorali Usa dal 1787

Negli Stati Uniti l’elezione del presidente è nelle mani di un ‘collegio elettorale’, un pacchetti di delegati eletti dai cittadini stato per stato. «Una reliquia della costituzione del 1787 che ha un effetto fortemente distorsivo sulla volontà popolare». Nelle 12 elezioni presidenziali dell’ultimo mezzo secolo, ben 4 volte il margine dei consensi tra i due candidati è stato inferiore al 3%. Più di un’elezione su tre (nel 1960, 1976, 2000, 2004 e 2016) si è decisa sul filo di lana o addirittura è stata vinta dal candidato che aveva ottenuto meno voti popolari, come nel 2000 e nel 2016.

Queste distorsioni vanno a vantaggio degli stati rurali e dei repubblicani. «Non a caso sia George W. Bush nel 2000 che Donald Trump nel 2016 ottennero la maggioranza nel collegio elettorale pur avendo ottenuto meno voti dei loro avversari».

Attenti al lupo e a porcherie varie

«Non è inimmaginabile che un candidato disperato come Trump, sostenuto da un partito fascistoide come quello repubblicano, cerchi ogni mezzo per restare al potere, stavolta con l’aiuto del coronavirus anziché di quello di Putin», domanda provocatoriamente Fabrizio Tonello.

Un assaggio “Fauci allarmista, il virus scomparirà”. Donald Trump lo ripete a Fox News: “Alla fine avrò ragione”. Quanti e quali altri conigli dal cappello?

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