Mar Cinese Meridionale, nuove tensioni tra Washington e Pechino

Esercitazioni militari contrapposte cino-statunitensi nel Mar Cinese Meridionale. La Cina ha iniziato il 1° luglio nelle acque attorno alle isole Paracel. E il 6 luglio, esercitazioni militari statunitensi sempre nel Mar Cinese Meridionale. Il segretario di Stato Pompeo definisce “bulli” i cinesi e “illegali” le loro rivendicazioni nella regione. Pechino reclama la propria sovranità su quasi il 90% del Mar Cinese meridionale, dove ha occupato e militarizzato numerosi atolli e banchi coralliferi, tra le proteste di Vietnam, Filippine, Malaysia, Brunei, Taiwan e Indonesia.

Litigare con Pechino per distrarre da Covid

Botta e risposta Washington e Pechino, manovre militari contrapposte, ma il nome geografico del Mare conteso dà un certo vantaggio alla Cina. Per il segretario di Stato Mike Pompeo, “Gli Stati Uniti difendono un Indo-Pacifico libero e aperto. E anche molto americano, sino a ieri. Immediata e facile la reazione di Pechino che rivendica come suo, tutto o quasi, quel mare cinese appunto, cruciale snodo per gli scambi commerciali. “Gli Usa voglio creare zizzania e minare stabilità e pace nel Mar Cinese Meridionale”, ha detto il portavoce del ministro degli Esteri cinese Zhao Lijian. Ma siamo ancora alle carezze.

Gli Usa ora dalla parte del Vietnam

Secondo gli Stati Uniti, Pechino usa l’intimidazione contro i diritti sovrani degli Stati costieri del Sud-Est asiatico, affermando il dominio unilaterale sul mare conteso e sostituire il diritto internazionale con quello della “ragione dalla parte dei forti”. Gli Stati Uniti formalmente a sostegno delle rivendicazioni di controllo marittimo di quella parte di Oceano Pacifico di Vietnam, Filippine, Malaysia, Brunei, Taiwan e Indonesia. Interessi diretti e non solo militari anche statunitensi, nella rotte commerciali verso la Corea del Sud e Tokio, oltre all’isola base strategica di Guam nel mezzo del Pacifico.

Asean, l’Associazione dei Paesi del sud-est Asiatico

AS fine giugno i leader di Asean, l’Associazione dei Paesi del sud-est Asiatico, avevano contestato le rivendicazioni cinesi  a difesa della libertà di navigazione e sorvolo nella regione. Pechino aveva risposto dicendosi disponibile a riprendere i negoziati per la definizione di un codice di condotta per il Mar Cinese meridionale, ma senza indicare una data precisa. Nel frattempo, il gigante asiatico usa le esercitazioni in corso per mostrare la propria forza alle altre parti nell’area. Secondo resoconti stampa, la Marina cinese condurrà una seconda esercitazione in agosto attorno alle isole Dongsha o Pratas,  controllate da Taiwan ma a 450 chilometri a sud dell’isola-Stato.

L’ex Cina nazionalista di Taiwan dopo Hong Kong

Il nano Taiwan nei giorni scorsi ha inviato un reparto di marines per rafforzare le difese di questi atolli, sorvegliati al momento solo da unità della guardia costiera taiwanese, ma siamo sempre alle contrapposizioni armate simbolo. Il Pentagono ha dichiarato di essere “preoccupato” e a Washington il deputato repubblicano Mike Gallagher ha presentato alla Camera dei rappresentanti un disegno di legge chiamato “Taiwan Defense Act”, per di assicurare che gli Stati Uniti rispondano agli obblighi previsti dal Taiwan Relations Act del 1979 a fronte delle sempre più intense manovre militari cinesi nell’area”.

“Taiwan Defense Act”

Il Taiwan Relations Act del 1979, ci ricorda Analisi Difesa,  include tra l’altro,  l’impegno Usa a fornire armi e supporto militare a Taipei per permetterle di difendersi, ma non garantisce che Washington interverrebbe in armi in aiuto di Taiwan in caso di attacco militare da parte della Cina, pur non escludendolo.

Australia e armi Usa

A sostegno delle posizioni di Taiwan e dei Paesi Asean coinvolti nelle dispute territoriali con la Cina, gli Stati Uniti hanno schierato nel Mar delle Filippine due portaerei con i rispettivi gruppi di combattimento. E come quasi sempre accade l’Australia si accoda agli Stati Uniti e mette in conto 186 miliardi di dollari di armi soprattutto statunitensi nei prossimi 10 anni, soprattutto l’acquisto dei missili antinave a lungi raggio Usa.

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