Missioni militari italiane all’estero in Parlamento e l’«interesse nazionale»

Dibattito sulle missioni militari all’estero oggi alle commissioni esteri e difesa. «In concreto si parla di aumentare i costi militari che nel 2019 hanno già sfiorato il miliardo e mezzo di euro che in epoca di Covid-19 sarebbe forse meglio investire nella sanità o nella scuola», scrive sul Manifesto di stamane Alberto Negri. Un dubbio su cui ragionare.

L’«interesse nazionale» non va in missione

Quesito, quale l’«interesse nazionale» oggi in permanenza di Covid e appena agli inizia di una crisi planetaria di cui nessuno è in grado di prevedere dimensioni, sviluppi, e tantomeno rimedi. L’amico Alberto Negri, tra le tante virtù, ha anche quella di andare dritto al punto dolente senza girarci attorno. Ad esempio, politica estera, il sostegno armato italiano all’Egitto che, oltre alla offensiva beffa Regeni, porta avanti una politica di aerea certamente opposta ad alcuni noti interessi nazionali italiani in Libia. E proprio a partire dalla Libia, la critica più dura: «Dopo la Libia 2011, l’Italia avrebbe dovuto ritirarsi per protesta da qualunque missione all’estero. Fatta eccezione per l’Unifil, l’operazione Onu per sorvegliare il cessate il fuoco tra Libano e Israele, che nel 2006 fu uno dei non tanti successi della nostra diplomazia (ministro degli Esteri D’Alema)». Valutazione forse un pochino partigiana, ma non facilmente contestabile.

Ancora e sempre Libia

«Nel 2011 l’iniziativa francese, britannica e americana di colpire Gheddafi ha rappresentato la più grande sconfitta dell’Italia dalla seconda guerra mondiale». Non solo petrolio e gas Eni minacciati e spesso tolti, ma in cambio centinaia di migliaia di migranti in fuga dalla disperazione d’Africa, «influendo sulla destabilizzazione del quadro politico italiano». «Ma l’Italia non poteva neppure protestare perché un mese dopo gli attacchi si è unita alla Nato nei raid contro Gheddafi perdendo ogni credibilità con i partner della Sponda Sud». Domanda finale al veleno: «Quale compensazione abbiamo avuto dalla partecipazione alla missione Nato contro Gheddafi?». Presunti amici ed avversari a minacciare i nostri interessi energetici nel Mediterraneo.  

Erdogan e il rubinetto dei migranti

Questione dei migranti e novità di cui non si sono colti cenni governativi di alcun genere. Erdogan ‘guardiano in conto Unione europea dei flussi migratori sulla rotta balcanica’, adesso, braccio armato di Tripoli, passa a contrattare anche sulla rotta libica? Sempre grazie alla Turchia che in Libia ha usato anche milizie jihadiste, presto dalla rotta libica potrebbero arrivare non solo flussi migratori, avverte Alberto Negri. Confusione strategica. Missione Irini per l’impossibile embargo armi alla Libia che la Turchia Nato viola sfacciatamente. Ieri la Francia ne è uscita gridando. Noi un po’ qui un po’ là. Con Sarraj (ed Erdogan) a Tripoli, ma vendendo armi ai loro nemici egiziani, con cui estraiamo petrolio in mare litigando proprio con Ankara.

Capra e cavoli spesso a perdere

«Alcune di queste missioni non hanno alcun senso, come quella che dura da 19 anni in Afghanistan. Teniamo 800 soldati e una base che non ci servirà a niente soprattutto se gli americani e Kabul faranno l’accordo con i talebani», il categorico Alberto Negri. Per quanto possa valere, Remocontro sottolinea. Dubbi anche sulla “Coalizione per il Sahel”, una missione contro il terrorismo nel Sahel, con la cooperazione di 14 Paesi europei ma al di fuori dell’Unione e legata soprattutto ainteressi di Parigi. Conclusione di Negri. «Detto questo, le missioni all’estero servono anche per fare un po’ di pubblicità alla nostra industria bellica. Corriamo dei rischi con i militari per far un po’ di soldini. Quindi se non è proprio necessario è meglio starsene a casa, così eviteremo di scrivere in futuro articoli grondanti retorica sulle sorti geopolitiche del nostro bellissimo Paese».

Politica estera e Marò

Sempre a proposito di missioni estere o quasi. La vicenda dei due Marò che saranno processati in Italia, salvo pagamento danni all’India. Chi ha vinto, chi ha perso, e la politica di divide, rischiando spesso il ridicolo. Ne abbiamo scritto ieri ma, stando a certe reazioni di rivalsa nazionale, qualche chiarimento forse utile. La sentenza del Tribunale Internazionale di Arbitrato dell’Aja vincola inappellabilmente -nel momento stesso in cui vi accede- i due litiganti al rispetto della sentenza salvo un isolamento internazionale di portata inimmaginabile. Processo in Italia per i due marò, evviva, ma l’imputazione sarà sempre per omicidio, colposo, preterintenzionale, accidentale, o con tutte le attenuanti che possiamo pensare, ma due uomini sono stai uccisi, salvo non valutare come riduttivo rispetto ad eventuali imputazioni il fatto che le vittime fossero pescatori indiani.

Processo italiano doppio rischio

Sarà un tribunale di casa (civile, militare?) a dover decidere la giusta pena per l’incidente con due vittime. Con la giusta comprensione dovuta ai due militari involontariamente coinvolti in una vicenda drammatica certamente strumentalizzata dall’India e molto più grande di loro, ora si deve testimoniare dell’Italia Stato del diritto. Salvo che qualcuno non voglia invocare immunità militari inesistenti per la legge italiana, esempio, i piloti Usa assassini della strage del Cermis, impuniti per privilegio di rango, solo per fare un esempio che ancora ci brucia sulla pelle. Un po’ di sana ragionevolezza anche nelle reazioni di oggi, aiuterà certamente la miglior soluzione per i due nostri amici Marò che già hanno pagato molto in termini personali per quel tragico evento.

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AVEVAMO DETTO

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